Firenze, 29 apr – Dominique Venner, che non si pronunciava mai a caso, lo definì in questi termini nelle pagine de La Nouvelle Revue d’Histoire: “Un libro straordinario, pieno di autentico talento letterario. Una bomba atomica filosofica senza il linguaggio dei filosofi. Nessuno ha mai scritto niente di così forte e veritiero sulla nostra epoca: perché il brutto sostituisce il bello?”. Gli schiavi felici della libertà, del noto scrittore spagnolo Javier Ruiz Portella, è a tutti gli effetti un testo importante. Lo è per lo stile, ma soprattutto per i contenuti: pagine infuocate, che uniscono la profondità del saggio alla scorrevolezza del pamphlet, muovendo una critica frontale alla modernità.
Gli schiavi felici della libertà, un manuale fondamentale
Già acclamato a livello internazionale, questo bestseller – oggi tradotto e pubblicato in Italia da Passaggio al Bosco Edizioni – è insieme un trattato e un manuale, una denuncia e un monito, un dialogo e un ritratto. Si tratta di un potente e sincero grido di rabbia, che non manca di anelare una speranza viva: edificare una rivoluzione che crei una sintesi tra la visione del mondo che determina le nostre azioni e le azioni che determinano la nostra visione del mondo.
Capita – in questo tempo dominato dal denaro e deformato dalla materia – che si manifesti una perversa forma di schiavitù volontaria, sovente spacciata per “diritto” inalienabile. La cifra di questo declino è lampante: risiede nel trionfo dell’individuo edonista e del consumatore sradicato, nella morte del sacro e nelle masse omologate, nel naufragio delle idee e nell’oblio della bellezza. L’individuo sradicato, isolato, impaurito e fintamente divertito che popola questo stagno – allora – è uno schiavo che si crede felice; colui che – ubriacato da questa apparente libertà dei piaceri effimeri – perde di vista l’orizzonte del senso e la profondità dell’esistenza. Queste pagine, provano a rimettere ordine, offrendo una prospettiva di riscatto.