Roma, 12 ott – Sembra che finalmente i tanto ingiustamente dimenticati anni ’90 stiano tornando di moda. Lo so, sono di parte ma sono stati il mio periodo formativo: Enrico Brizzi ha dato alle stampe Due, seguito del romanzo di culto del 1994 Jack Frusciante è uscito dal gruppo. E Sky, dopo la serie Un’estate fa ambientata durante Italia ’90, ci racconta la storia degli 883 con Hanno ucciso l’Uomo Ragno. Mostrandoci così l’improbabile ascesa del duo pavese composto da Max Pezzali e Mauro Repetto (ho visto in anteprima le prime due puntate e devo ammettere che sono rimasto piacevolmente sorpreso, soprattutto dalla vena punk della storia).
Storie semplici della provincia italiana
A differenza di tanti miei amici devo confessare che non sono un fan accanito degli 883. Da adolescente ho comprato e consumato le cassette di Hanno ucciso l’Uomo Ragno e di Nord sud ovest est. Ma poi ammetto di averli trascurati, fino a non interessarmi quasi per nulla alla carriera solista di Pezzali (ho invece un’innata simpatia per il “perdente” Repetto). Eppure, dilettandomi come dj, non esiste serata in cui non metta qualche loro canzone (la mia preferita è Nord sud ovest est). Un po’ perché tutti li vogliono sentire e un po’ perché dopo qualche birra si ascoltano sempre volentieri.
Ma quale è il segreto della longevità nell’immaginario popolare di una band che nella sua formazione originale di fatto è rimasta sulla cresta dell’onda solamente dal 1992 al 1994, benché formatasi nel 1988? Credo che la risposta vada ricercata nel contesto dell’Italia degli anni ’90. Un decennio che, come scrivevo prima, è rimasto fino ad ora secondario nell’immaginario collettivo rispetto ai ribelli ’70 ed agli edonistici ’80. Gli 883 raccontavano storie semplici di ragazzi qualunque della provincia italiana, vicende nelle quali chiunque si poteva facilmente immedesimare: storie d’amore, di sesso, di amicizia, di serate tra amici, dei bar e del calcio… E lo facevano senza la pretenziosità di chi voleva insegnarti a vivere.
Snobbati dalla sinistra
Ed infatti vennero snobbati dall’intellighenzia di sinistra. Perché non c’era traccia di morale politica e del senso di colpa tipicamente cattocomunista che prevede tu non ti possa divertire senza sorbirti un comizio stile Compagno Folagra con Fantozzi. E poi davano estremamente fastidio anche ai soloni esperti della musica tutta “perfettina”. Gli 883 non sapevano suonare. Ma avevano trovato la formula perfetta per fare breccia nel cuore degli ascoltatori, tramite ritornelli che non ti uscivano più dalla testa. Cosa c’è forse di più punk di questo?
Gli 883: Max Pezzali e Mauro Repetto
Di più punk di questo c’è la vita di chi punk non è mai stato, a differenza di Max Pezzali. Mauro Repetto voleva il successo e la notorietà, ma, una volta raggiuntili, non sapeva che farsene, tanto meno goderseli. Così, senza alcuna ragione logica, lascia il gruppo e l’amico per andarsene negli Stati Uniti alla ricerca di una modella della quale si era innamorato solamente per averla vista sfilare in passerella. Ovviamente non la incontrerà mai, ma verrà invece truffato da un presunto avvocato, nell’assurdo tentativo di produrre un film.
La sua vita però meriterebbe da sola un film: va a lavorare a Disneyland Parigi come animatore, per poi diventarne un manager ed infine finendo per creare con la moglie una ditta di design, scrivere la sua autobiografia e portare a teatro la sua folle storia. Il tutto mentre il suo vecchio amico e socio diventava un affermato cantante solista. Lui, che il successo non lo cercava e che, molto probabilmente, non avrebbe mai trovato senza Repetto.
Ed ecco che questa bizzarra ed affascinante vicenda tutta italiana diventa quasi una metafora della vita. E, travalicando il valore musicale degli 883, rivaluta quel decennio nel quale la tanto bistrattata Italia invece sapeva offrire ancora molto, anche tra i tavoli di un bar della provincia di Pavia.
Roberto Johnny Bresso