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Cultura e azione: Giacomo di Belsito, il letterato del "Popolo d'Italia"

by La Redazione
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Roma, 9 dic – I partiti più importanti ed influenti a livello nazionale sono, nella storia, stati sempre dotati di un proprio giornale, fondamentalmente legato all’ideologia dell’area di appartenenza. Anche il Partito Fascista se ne dotò di uno tutto suo, “Il Popolo d’Italia”, che ricevette le firme di grandi uomini e letterati del periodo fascista tra cui, ovviamente, Mussolini ma anche Angelo Olivetti e Giuseppe Ungaretti. Giacomo di Belsito fu uno dei fondatori di questo prestigioso organo di stampa.
Giacomo di Belsito, pseudonimo di Giacomo Caccavale, nacque a San Paolo Belsito in provincia di Napoli il 1° dicembre 1885. Come facilmente intuibile, modificò il suo cognome come fosse un toponimo in onore di altri grandi artisti italiani delle epoche passate. Nel corso della sua adolescenza si appassionò alla scrittura, al giornalismo e in particolare alla francesistica, nel 1914 fu, insieme a Benito Mussolini, uno dei fondatori, appunto, del “Popolo d’Italia” per cui collaborò a vita.
Nel 1921 ebbe inizio la sua carriera letteraria con la raccolta di racconti “La beffa dell’amore”, in seguito alla pubblicazione di diversi saggi sulla letteratura francese e sulla Prima guerra mondiale. Belsito produsse nel corso della sua vita più di 30 opere tra saggi, romanzi e traduzioni di autori francesi tra cui Victor Hugo, Stendhal, Jules Verne e Alexandre Dumas. Sua, tra l’altro, è stata una delle prime traduzioni del “Giro del mondo in 80 giorni” e “Un inverno tra i ghiacci” di Verne. Purtroppo non sono facilmente rintracciabili i suoi articoli, ma la critica dell’epoca lo connotò come uno dei migliori articolisti del Ventennio.
Giacomo di Belsito fu particolarmente legato al Fascismo, in quanto fece parte delle 25mila camicie nere che parteciparono il 28 ottobre 1922 alla Marcia su Roma, evento che segnò l’inizio del ventennio. Arte e azione si fusero insieme nell’esempio forse più sconosciuto ai moderni di “superuomo”. Certo non compì mirabili avventure come Gabriele D’Annunzio ma fu un personaggio non secondo nella storia letteraria della nostra Nazione.
Al momento della sua morte, il 1 dicembre 1939, si presentarono al suo funerale personalità di spicco del regime e lo stesso Mussolini lo elogiò personalmente come stretto collaboratore.
Nicola Ravelli

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