Roma, 26 gen – La prima guerra mondiale ha mietuto vittime in tutta Italia, in ogni settore, in ogni campo della vita quotidiana. Se si prende, però, per un momento in mano la questione relativa al calcio, è stata la squadra del Milan a vedere più giovani morire in trincea al fronte. Molti divennero eroi sul campo di gioco e ancor di più su quello di battaglia, altri, invece, videro il loro destino chiudersi sepolti nel dimenticatoio della storia. Paolo Wilmant fu uno di questi eroi dimenticati della storia del club milanese.
Il milanese con il calcio nel sangue
Giocare a calcio è una delle passioni che i giovani accolgono per prime. Uno sport che permette di creare squadra, di diventare parte di una famiglia e di crescere con i suoi membri. Lo capì molto bene Paolo Wilmant che, agli inizi del 1900, quando era appena tredicenne, venne convocato dalla squadra milanese per iniziare il proprio allenamento in vista di debuttare in prima squadra. Della sua preparazione si conosce molto poco, quello che è certo, però, è che giocò alcune delle principali partite dei primi anni ’10 del campionato italiano di massima serie.
L’arrivo della guerra, però, scombussolò tutte le carte in tavola e Wilmant venne chiamato per partecipare al conflitto. Dal fronte, il giovane talento rossonero non farà mai più ritorno a casa.
La morte in Germania
Allo scoppio della guerra, Paolo Wilmant venne inserito all’interno del 214° Reggimento fanteria della brigata “Arno” con il ruolo di tenente di complemento. Non si conosce nulla delle sue gesta sul campo di combattimento se non che venne catturato dagli austriaci in un assalto alla trincea dove l’Arno cercava di trovare riparo. Il soldato venne portato in Germania ed internato in un campo di prigionia a Celle, nei pressi di Hannover. Ivi trovò la morte il 20 gennaio 1918.
In suo onore venne concessa la medaglia d’argento al valor militare: “Comandante di una sezione di mitragliatrici in sette giorni di aspra lotta, con la parola e l’azione fu di incitamento ai dipendenti. Di propria iniziativa accorse con la sua sezione là dove più furiosa era la mischia, efficacemente contribuendo a respingere i replicati attacchi nemici. Rimasto con le armi inutilizzate, perché colpite dall’artiglieria, validamente concorse coi propri uomini, impiegati come fucilieri, all’assalto di ben munita posizione e, raggiuntala, valorosamente vi si mantenne resistendo con tenacia ai ripetuti contrattacchi nemici”.
Tommaso Lunardi
1 commento
Oggi invece calciatori miliardari vengono considerati degli eroi quando non hanno un decimo del coraggio di uno come il sopradescritto Wilmant.