Roma, 20 nov – Delle mille e più sfaccettature che conosciamo di Gabriele D’Annunzio – il poeta, lo scrittore, il drammaturgo, il militare, il politico, il patriota, l’amante, il rivoluzionario – sfugge ai più quella di estimatore di un’arte da lui non esercitata, ossia quella della xilografia. Oltre ad Adolfo de Carolis, tra gli incisori della sua epoca il Vate stringe un rapporto particolare con Gino Barbieri.
All’anagrafe Luigi Giovanni, dalla feconda Romagna (Cesena 26 novembre 1885), a inizio novecento cresce scolasticamente in quel di Forlimpopoli per diventare maestro nello stesso istituto frequentato da due conterranei che rispondono al nome di Benito Mussolini e Nicola Bombacci. Rinuncia però a lavoro e stipendio assicurati per iscriversi all’Accademia Belle Arti di Firenze. La frequenta fino al 1909, anche se, un anno prima, l’aver baciato una compagna di corso comporta la sua sospensione. Sono giorni con le tasche vuote e la mente piena di idee. Per questo poliedrico artista l’amore per l’arte è superiore a qualsiasi difficoltà.
Gino Barbieri, uno spirito libero
Spirito libero – come lo descrive la sorella in una lettera indirizzata allo stesso D’Annunzio – si dileggia nel disegno e nella pittura (ad olio, a pastello, nell’affresco) oltre che, come accennato, nella tecnica quasi scultorea dell’incisione: si solca il legno e l’immagine è resa dalla superficie restante, un’operazione che in termini pratici viene fatta “al contrario”. Proprio una sua xilografia raffigurante il comandante delle forze armate fiumane, ritratto in posa riflessiva su sfondo di nudi e geni alati, viene scelta per il francobollo emesso nel 1963 in occasione del centenario della nascita.
Il legame di amicizia con chi ha lasciato in eredità al popolo italiano il diamante architettonico di Gardone Riviera nasce durante il primo conflitto mondiale, per la precisione a Venezia. Gino Barbieri, interventista (al pari “del confratello di valore figlio della stessa terra” Renato Serra), patriota e nazionalista, parte per il fronte – probabilmente come volontario – e nell’autunno 1915 è prima a Malamocco e successivamente nel vicino Lido. Il Vate in persona ne richiede l’assegnazione al suo stesso reggimento, divenuto famoso col soprannome di “Lupi di Toscana” per il valore dimostrato in battaglia. In prima linea, sul fronte dell’Isonzo il cesenate realizza significative xilografie a tema bellico. Un’evoluzione artistica che dà forma ad un vero e proprio “diario di guerra” illustrato dove lo stile, dapprima elegante, si fa via via sempre più forte ed espressivo.
“Avanti vigliacchi, se avete cuore”
Pochi giorni dopo Caporetto si combatte sull’altopiano di Asiago. “Mano a mano che gli austriaci salivano con una furia indiavolata – ricorda il tenente Michele Campana – li stendiamo a pochi passi da noi… Gino gridava con la sua voce tenorile «Avanti vigliacchi, se avete cuore!»… Verso la mezzanotte era sempre accanto a me. Il lungo sparare fucilate ci bruciava le mani” e ancora “Quattro assalti furibondi sferrarono i nemici. E tutti s’infransero contro il valore della nostra Brigata… Gino ed io ci cacciammo colle baionette nel più folto della mischia. Gli austriaci si lasciavano sgozzare ma non cedevano di un palmo. Verso l’una del 17, quando già mettevamo piede nella trincea riconquistata, Gino si abbattè al suolo fulminato da una pallottola”.
Barbieri cade sul Monte Zomo nel novembre del 1917. Il suo corpo, dopo una provvisoria sepoltura, non è stato più ritrovato. Dava vita alla sua vena creativa per “L’Eroica”, mensile futurista fondato nel 1911 a La Spezia: da eroe, per donarci l’Italia, ha incontrato la morte.
Marco Battistini