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Dominique Venner, il Samurai di Roma

by Chiara del Fiacco
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dominique venner

Il Prefetto di Polizia, su ordine del Ministro dell’Interno Gérard Darmanin, ha vietato a Parigi, per decreto, una manifestazione culturale organizzata dall’Istituto Iliade. L’evento, previsto il 21 maggio scorso, sarebbe stato dedicato alla commemorazione della vita e della morte di Dominique Venner. Pubblichiamo di seguito l’intervento che, per l’occasione, avrebbe tenuto la nostra collaboratrice Chiara del Fiacco: Dominique Venner, il Samurai di Roma [IPN]

Dominique Venner, il Samurai di Roma

Il giorno in cui Dominique Venner si è dato la morte volontaria, pochi di noi sapevano davvero chi fosse. A dire il vero, se qualcuno del nostro gruppo politico lo conosceva, era in modo sommario e attraverso delle citazioni tradotte e pubblicate da Zentropa. Eppure, e ancora oggi me ne stupisco, tutti noi abbiamo immediatamente drizzato la schiena – per parafrasare una canzone dei Sottofasciasemplice – e ci siamo trasformati in Romani. Quel gesto, infatti, evocava un’eco lontana e, in tal modo, faceva ribollire il nostro sangue, nel quale permangono ancora oggi le nostre radici, la nostra storia, in breve, la nostra identità di cittadini: civis Romanus sum. Io sono un cittadino di Roma. La notte seguente, senza ordini né passaparola, in tutta Italia apparvero striscioni in omaggio a Dominique Venner: il Samurai d’Occidente, si era così, anche lui, trasformato in Romano: proprio come facevano i nostri antenati, lo inserimmo immediatamente, istintivamente, nel nostro Pantheon, tra i nostri Lari. 

“Per noi, un capostipite”

Quando dico che a CasaPound, Venner è entrato nel nostro Pantheon, non sono parole al vento. Il nostro presidente e alcuni dei nostri dirigenti, sono attivi sin dalla fondazione dell’Institute Iliade. Le opere di Dominique Venner sono tradotte in italiano e sono state oggetto di numerose presentazioni in ognuna delle nostre sezioni. Uno dei gruppi di punta della nostra scena musicale gli ha dedicato una canzone, ripresa a squarciagola durante i loro concerti da centinaia di giovani. A Venner abbiamo recentemente intitolato la nostra sala conferenze situata in cima a “la Torre”, la nostra sede a Roma, a due passi dall’altare che abbiamo dedicato alla vittoria. La Sala Venner ci ricorda ogni giorno il nostro bisogno di imparare e confrontarci.

Dominique Venner costituisce infatti un capostipite: con il suo gesto, ha creato le fondamenta, lo stipes, il fulcro di una presa di coscienza. Con il suo sangue, ha tracciato un solco, esattamente alla stregua di Romolo e Remo, i padri di Roma. Possiamo affermare che questo solco rappresenta uno spartiacque tra quello che c’era prima e quello che è venuto dopo. Noi, che abbiamo deciso di raccogliere la sua esortazione, abbiamo oggi il dovere morale non solo di non scoraggiarci e abbassare le braccia, ma di continuare a combattere contro un mondo che ci vorrebbe già sconfitti, che immagina già il momento in cui saremmo ridotti a fuochi fatui, che si aggirano per i sepolcri, testimoni vetusti di una storia finita. Morta. 

Il sacrificio e il lascito

Ma noi sappiamo anche un’altra cosa: Dominique Venner, sacrificandosi (dall’etimologia latina: compiere un atto sacro) si è reso soggetto attivo di una vera e propria Devotio, che poi, letteralmente, ha lo stesso significato della parola Sacrificio. Nell’antica Roma, infatti, quando l’esito della battaglia era incerto o quando la sconfitta era imminente, un generale poteva decidere di sacrificare sé stesso agli Dei per ribaltare il risultato. Il suo sangue, veniva allora sparso sul campo di battaglia in cambio della Vittoria. Su questi solchi, ancora una volta, si disegnavano i confini tra le legioni della barbarie e della decadenza, che venivano così rigettate fuori e quelli che, con onore, si erano battuti per proteggere la propria stirpe, il proprio clan, in breve, il proprio popolo. Inoltre, le energie profonde – magiche e creatrici – venivano risvegliate, permettendo così la continuità della nostra civiltà.

Venner aveva capito che noi europei ci troviamo di fronte non solamente ad un’invasione, ma anche ad una forma di corruzione interna, di etnomasochismo e che qualcosa andava fatto per mostrare l’esempio: la volontà di rivalsa. In gioco, c’è infatti la nostra sopravvivenza e i nemici vengono, sì, da fuori, ma soprattutto da dentro. Oltre alla grande lucidità delle sue analisi storiche, Venner ci ha lasciato un testamento ricco di consigli su come affrontare l’affermazione quotidiana del Sé e come abbandonare la narrazione penitente, vittimista e disfattista, facile e perdente, per diventare di nuovo protagonisti ed eroi della nostra storia: quella che ancora dobbiamo scrivere. 

Grazie a Venner abbiamo potuto girare tutta l’Europa, la nostra vera patria, conoscere altri camerati con cui scambiare idee e pensieri, ma anche metodi di lotta, perché, proprio come Ezra Pound, anche Venner credeva nelle idee che si trasformano in azioni. Questo scambio è necessario per conoscerci meglio, per non dimenticare, ma soprattutto per andare avanti, con un progetto, verso il futuro. Venner ci ha ricordato, infatti, che non tutto è perduto e che la storia è il teatro delle possibilità; visionario, come Raspail, Celine e altri veggenti, ci ha messo in allerta contro i pericoli “esogeni”, ma anche contro la distruzione della famiglia, nucleo centrale della nostra civiltà. Lo vediamo oggi, con i matrimoni di persone dello stesso sesso, le adozioni alle coppie arcobaleno, l’abominio dell’utero in affitto. Tutti modi per cancellare la nostra identità, ridurre l’individuo ad un essere standardizzato e mercificare ogni tipo di rapporto umano. 

L’importanza della formazione

Il lavoro da fare è enorme e l’istituto Iliade, opera voluta fortemente da Venner, sta ponendo quelle basi fondamentali per la formazione e l’indirizzo soprattutto delle generazioni di giovanissimi, i più colpiti perché ignari di un mondo che noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere: un mondo fatto di bellezza e di armonia, di forza e speranza, un mondo sotto assedio. La formazione deve essere fatta, però, anche ai più grandi: non si è mai completi, c’è sempre spazio per la conoscenza, sia della nostra storia, cultura, tradizione, che di argomenti più attuali come l’economia, la politica istituzionale, la finanza, ecc. É giusto e doveroso ripartire dalla basi, non dare mai nulla per scontato, incoraggiare quello spirito critico che è nostro, dalla filosofia greca, all’arte oratoria romana, fino al pragmatismo tipico delle popolazioni nordiche. Noi si, che siamo un vero incrocio di cultura e sapienza, la culla dell’anima europea.

Non dimentichiamoci però, che ognuno di noi dovrà incarnare quotidianamente questo slancio verso l’alto che era la normalità di chi ci ha preceduto: sta a noi, ad esempio, trovare il tempo, in questa società frenetica e chiassosa – che corre in una ruota proprio come i criceti -, per la riflessione, per la contemplazione: percorrere le nostre foreste e ritrovare un mondo che non è poi mai cambiato e rimarrà lì, inalterato, fino alla fine dei tempi; riconoscere il genio europeo attraverso le sue costruzioni, la sua arte, anch’essa immortale; riscoprire o scoprire il nostro passato, per sapere chi siamo, da dove veniamo. 

Essere militanti

Essere un militante significa, quindi, non essere come tutti gli altri; in una società che spinge verso l’appiattimento generale e l’eguaglianza sotto ogni aspetto dell’esistenza (stessi gusti culturali, stessi sogni materiali, stesse mete turistiche, stessi show televisivi, ecc) occorre impegnarsi ogni giorno ad avere un approccio elitario alla vita. Scivolare nella mediocrità è fin troppo semplice e bisogna insegnare a noi stessi, prima di poterlo fare agli altri, ad essere “diversi” per davvero. Per fare questo, l’unico modo possibile è l’esempio.

Vorrei terminare il mio breve intervento con le parole del nostro presidente, Gianluca Iannone: “Venner ci riporta di fronte a noi stessi e ci impone l’impietoso confronto con uno stile e con un rango che non può essere raggiunto con le chiacchiere. È un fardello pesante, che tuttavia assumiamo su noi stessi, per la parte che ci spetta, con onore e responsabilità. È un fardello che è imperativo portare, perché non possiamo fare altrimenti. Lasciarlo in un angolo e andarsene fischiettando significherebbe solo arrendersi alla logica della fatalità, la stessa logica contro la quale Venner è insorto con un gesto, come ha spiegato, di protesta, ma soprattutto di fondazione. Se c’è fondazione, significa che c’è un confine. Se c’è un confine, significa che occorrono delle sentinelle. Se servono sentinelle, chiunque abbia orecchie per ascoltare l’eco di quel gesto esemplare è chiamato a fare un passo avanti e dichiararsi pronto a presidiare la propria postazione”.

Chiara del Fiacco

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Dominique Venner, il Samurai di Roma 28 Maggio 2023 - 10:14

[…] Source […]

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Vittorio Pugliese 30 Maggio 2023 - 6:48

So bene che Venner non era soltanto “quell’omofobo che si è ucciso per insultare i gay”, riconosco il suo valore di intellettuale e non pretendo su di lui alcuna censura, non chiedo l’intervento della Cancel Culture contro di lui e anzi sono contento che lui volesse bene agli europei e li incoraggiasse a recuperare le antiche virtù e a lottare contro la scomparsa della loro civiltà, contro quella “diversità” che altro non è che omologazione, contro quella lobby globale che vuole cancellare la loro identità.

Purtroppo però si sbagliò a uccidersi, il suo “sacrificio” era un attacco verso l’amore tra le coppie dello stesso sesso, che è invece tanto legittimo quanto quello eterosessuale e non è quindi giusto attaccarlo. Purtroppo quegli europei che Venner vuole che tornino protagonisti della storia non sono per forza etero. La virtù di Roma non è, e non va, preclusa a chi semplicemente è strutturato in modo da completare la sua essenza con una figura del suo stesso sesso.

Mi scuso nel caso mi ritrovi costretto a sputare sulla tomba di Venner, ma sono e resterò sempre favorevole al matrimonio e adozione alle coppie dello stesso sesso, cioè quello che lui odiava. Purtroppo, nonostante tante cose intelligenti che lui abbia detto, non posso empatizzare con il motivo per cui si è sacrificato, per il semplice fatto che il cosiddett

Anche gli omosessuali sono parte delle nazioni europee, non sono mica stranieri, e devono appartenere ad esse. Anche se la famiglia naturale fosse rigorosamente etero, la famiglia futurista non lo deve essere.

Sovvertire questi ordini della natura umana è giusto e doveroso perché si tratta di rendere anche gli europei omosessuali protagonisti della storia europea come essi sono, e non trattarli come se fossero migranti, ospiti o meticci. Perché in un mondo dove abbiamo reso le donne in grado di terrorizzare uomini, abbiamo reso chi è sterile capace di riprodursi, abbiamo . Per quale motivo non è giusto che coloro che si amano si riproducano?
So che è transumano come gesto, ma il transumanesimo non è assolutamente il male, come voi pensate, semplicemente dipende da chi lo guida e da quale ideale lo guida.

Mi trovo tanto contro Zan quanto contro Venner. Sono solo un tipo strano che si trova schiacciato a metà tra l’incudine e il martello: c’ho da una parte una comunità lgbt sporca di edonismo borghese che pensa che tutti i desideri individuali siano diritti e che sia giusto sessualizzare bambini e dargli ormoni, dall’altra parte invece c’è ancora chi considera quello lesbico un “non-vero amore”, chi ritiene che una coppia dello stesso sesso non possa assistere nel portare avanti il popolo di cui essa fa parte, chi ritiene che non può essere famiglia solo perché incapace di generare vita in natura (ma possibilmente capace mediante la tecnica).

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