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Roma, 10 ago – È sempre utile rileggere 1984 di Orwell, poiché non smette mai di insegnarci qualcosa. Certo, la realtà ha superato già da tempo le più fosche profezie distopiche di Orwell, va pacatamente riconosciuto. Durante il lockdown, perfino le surreali scene dei droni che ci sorvegliavano dall’alto sono divenute di ordinaria quotidianità. V’è un passaggio del romanzo di Orwell che, tra gli altri, ha fatto scuola: “Il senso comune era l’eresia delle eresie”. Sì, perché il senso comune, il sentire popolare, l’evidenza tangibile delle cose devono essere a tutti i costi estirpate. In loro luogo, deve prevalere la narrazione granitica e a reti unificate del Partito. Se esso dice che due più due dà cinque, non v’è senso comune che possa smentirlo. Non vi è logos che valga a contestarlo. La narrazione del Partito trionfa sempre sulla realtà e sui suoi sostenitori residuali, ai quali fa quotidianamente violenza.
La neolingua della repressione
La sola realtà ammessa è quella brutale e spietata dei rapporti di forza, del mondo del potere così come è. E rispetto al quale ogni pur vago tentativo di pensare altrimenti è già pronto a essere squalificato mediante una categoria ad hoc della neolingua. La cui funzione, si sa, è di impedire ogni pensiero divergente da quello dominante, che è appunto il pensiero unico. Larga parte della catechesi cosmomercatista si sta in effetti già da tempo dirigendo contro il senso comune dei popoli e delle classi che lavorano, con le loro sacrosante richieste di stabilità e di diritti, di protezioni e di tutele lavorative ed esistenziali. Il senso comune è esso stesso ostracizzato en bloc. Difendi i diritti del lavoro? Sei un patetico assistenzialista. Difendi la possibilità di avere una famiglia e mantenerla? Sei un lurido omofobo. Difendi il tuo territorio e la tua comunità? Sei un vigliacco xenofobo. E così via, di delegittimazione in delegittimazione del senso comune.
La nuova lotta di classe
Non v’è dubbio, almeno a mio giudizio. La lotta di classe deve anche essere lotta del senso comune contro le aberrazioni della classe dominante, che solo difende ciò che potenzia il suo dominio e la valorizzazione del valore. E poco conterà se diranno che siamo reazionari e non progressisti, vintage e non à la page. Aveva ragione Gramsci, il senso comune è una cosa serissima, che deve essere considerata e riformata, non certo negata in nome di una folle idea di globalizzazione disidentificante. Sì, è così: la lotta di classe tra sfruttati e sfruttatori, di cui diceva Marx, è anche una lotta – come diceva Heidegger – tra un’umanità non ancora franata e una già franata.
Diego Fusaro
3 comments
Non parlerei di lotta di classe (è una rievocazione troppo materialista), introdurrei il tema di lotta salutare in senso lato… Infatti, non possiamo diventare pure malati di mente! L’ interconnessione di corpo, anima e spirito è irrinunciabile.
Corretta l’analisi di Fusaro, ma serve ben altro che una vetusta lotta di classe.
Lo diceva già un certo Einaudi e lo ribadiva Luigi De Marchi: la vera lotta di classe deve essere quella tra le classi produttive (ma anche molto ignoranti e stupide purtroppo) e gli scaltri e fottuti parassiti (soprattutto statali e statalisti in genere, ma non solo), categoria – quest’ultima – che ormai sfiora livelli intollerabili in numero e spocchia.
Marx, il campione di parassitismo che ha vissuto tutta la vita mantenuto dalla moglie ricca, e il gobbetto carcerato ossessionato dalle casematte, in questo c’entrano come i cavoli a merenda.