Esce per i tipi di Bietti Memoria viva, una lunga conversazione autobiografica tra Alain de Benoist e François Bousquet. Ne proponiamo un estratto per gentile concessione dell’editore [IPN]
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di agosto 2021
Nel corso della sua storia, la Nouvelle droite è stata oggetto di molti commenti lusinghieri, ma anche d’innumerevoli attacchi, talvolta persino violenti, o almeno senza alcun rapporto con quelle che possono essere considerate polemiche intellettuali. Lei stesso è stato completamente ostracizzato in alcuni ambienti. Come se lo spiega?
«In effetti, sulla Nd è stato detto tutto e il contrario di tutto. È stata descritta come giscardiana, gollista, favorevole al Front National, ostile al Front National, fascista, nazista, comunista, eccetera. In generale, direi che per trent’anni la strategia degli avversari della Nd è consistita nell’attribuirle idee che non aveva per evitare di discutere di quelle che invece sosteneva. Quanto a me, pochi sono quelli che si sono preoccupati di prendere in esame i miei lavori, senza assimilarli del tutto all’immagine globale della Nd. Meglio ancora: non ho praticamente mai letto un articolo diretto contro di me che argomentasse a partire da qualcosa che ho realmente detto o scritto. Ero un tipo sulfureo, ma non si diceva mai perché.
Da qui una prima osservazione, che sovrasta tutte le altre: al di là delle accuse menzognere o delle affermazioni diffamatorie, l’errore costante di chi ha scritto sulla Nd è stato di considerarla come un fenomeno politico, cosa che non è mai stata, e non come una scuola di pensiero che gettava sulla politica uno sguardo fondamentalmente non diverso da quello gettato al tempo stesso sull’epistemologia, la filosofia della scienza, la biologia molecolare, le scienze sociali o la musicologia. D’altronde, è degno di nota come i testi diretti contro la Nd non abbiano mai citato, in alcun modo, ciò che essa ha pubblicato in ambiti che non si prestavano a un’interpretazione o a uno sfruttamento politico. Una delle ragioni era che negli ambiti in questione gli autori di quei testi avevano, in generale, una cultura limitata, e molto spesso erano anche praticamente incolti. Come avrebbero potuto, ad esempio, dire la loro sulla nostra critica della metafisica della soggettività, non avendo la benché minima formazione filosofica?
Leggi anche: Alain de Benoist: 70 anni di pensiero ribelle
Ci sono, ovviamente, altre ragioni. Anzitutto, come lei sa, in Francia ha legittimità intellettuale solo quanto proviene da sinistra. Un passato di estrema destra, benché remoto, è una sorta di camicia di Nesso. Quando si dice che un uomo è appartenuto in gioventù all’estrema sinistra, si descrive un episodio del suo percorso; quando si dice che ha fatto parte dell’estrema destra, si suggerisce che ne faccia sempre parte. Il centenario Ernst Jünger si vedeva ancora rimproverare certi articoli giovanili! Bisogna tener conto, peraltro, del deterioramento del clima intellettuale. Sin dalla fine degli anni Ottanta, una vera cappa plumbea si è abbattuta sul pensiero critico. Mentre l’ascesa del Front National generava un Super-Io “antifascista” dalle fattezze di un simulacro, si scatenavano i fautori di quella che Leo Strauss definiva reductio ad hitlerum e s’instaurava un “circolo della ragione” controllato dall’ideologia dominante. Ciò ha condotto al “pensiero unico”, per riprendere un’espressione che sono stato il primo a…
1 commento
Grande A.de Benoist, oggi per lui è un poco più facile, ma ieri l’ altro era terribile e lui c’era! Grazie.