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Il carcere può realmente essere rieducativo?

by Giulio Romano Carlo
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Roma, 3 nov – L’ordinamento giuridico italiano nel rispetto di tre importanti fonti del diritto – Codice Civile, Codice Penale e Costitituzione – non prevede sanzioni che possano ledere l’integrità fisica o morale dei soggetti che si macchiano di reati gravissimi e violenti. Tali atti non solo trasgrediscono il sistema giuridico garantito dall’ordinamento, ma anche il sistema morale-sociale il quale, seppur non codificato, è dotato comunque di una considerevole forza punitiva.

In particolare, uno dei più profondi problemi o meglio interrogativi che affliggono continuamente il nostro sistema normativo e che viene dibattuto non solo da giudici della Corte di Cassazione, eminenti giuristi ma anche da criminologi e psicologi, ha come oggetto il principio secondo il quale la detenzione in carcere sarebbe in realtà una modalità per poter reintegrare soggetti recidivi, propensi nel commettere crimini e reati e con personalità totalmente devianti.

Chi delinque?

Il primo studio condotto all’interno delle carceri, immediatamente alla fine del secondo dopoguerra, fu attuato da Fontanesi e Ponti (1954-1969), due criminologi che arrivarono a suddividere i criminali in cinque diverse categorie. Il criminale primario è colui che commette per la prima volta un crimine, il criminale recidivo è colui che ha commesso in precedenza crimini dello stesso genere, il criminale abituale è colui che è introdotto profondamente all’interno delle realtà devianti e criminali, il criminale professionale è colui che vive dei proventi del crimine poi vi è il criminale per natura che come per definizione “si distingue per il carattere particolarmente malvagio del reo”.

Da quest’analisi, induttivamente, si possono ricavare molte conclusioni. Prima di tutto è che vi sono soggetti che pur commettendo crimini non hanno un’indole malvagia e deviante, quindi attraverso un percorso di rieducazione possono certamente convivere adeguatamente nella società se vi sono le condizioni necessarie e sufficienti. La seconda  riguarda tutti coloro che per via di fattori ambientali (degrado sociale, emarginazione, disoccupazione continua, vita all’interno di contesti violenti), fattori familiari (conflitti genitoriali, violenze subite nell’infanzia) e fattori puramente psicologici (difetti genetici al sistema nervoso centrale) sono propensi ad inoltrarsi in realtà devianti e ad essere criminali nel vero senso del termine. La distinzione fra criminale e deviante è molto labile, coloro che adottano una condotta deviante possono essere recuperati, ma attraverso terapie farmacologiche e psichiatriche, spesso i loro comportamenti sono influenzati dai fattori socio-ambientali ma non dai fattori psicologici.

Al contrario, il criminale per natura – colui che possiede naturalmente e biologicamente un’indole malvagia – non potrà mai, carcere o meno, integrarsi con il sistema morale, sociale e normativo. La motivazione principale riguarda la sua totale “propensione” a commettere azioni violente, che possono variare dall’omicidio all’abuso sessuale. Emblematico è il caso di Angelo Izzo, il “mostro del circeo”, nonostante dopo il massacro del 1975 nel quale si rese responsabile dello stupro di due ragazze per la durata di 10 ore e del loro omicidio, al termine di una condanna trentennale, nel 2005 uccise sia la sua compagna che la di lei figlia, appena uscito dal carcere. Lo stesso Izzo, nonostante affermò pubblicamente di essere totalmente cambiato tanto da essere affidato ad una comunità nei primi anni 2000, si rese immediatamente responsabile di due terribili efferati delitti. Il motivo principale? Biologicamente tali individui non riescono a provare rimorso, per la totale riduzione della sfera celebrale che dovrebbe sviluppare le emozioni e le sensazioni, oltre che ad essere affetti nella maggior parte di casi di innumerevoli disturbi della personalità che variano dalla schizofrenia al livello bordeline.

Il carcere può non funzionare

Il carcere, senza discuterne l’efficacia come sistema di punizione e di sanzione, è insomma totalmente inefficiente nei confronti di soggetti come Angelo Izzo e tutti coloro che appartengono alla categoria dei “serial killer”.

Il nostro sistema giuridico prevede riduzioni di pena nei confronti di tali individui, pericolosi per sé stessi e per la società. Infatti, la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Trieste, ridusse la pena ad 8 anni e 2 mesi ad un algerino che uccise nel marzo 2007 ad Udine un colombiano dopo una semplice provocazione. La perizia scientifica diede riscontro ad una “vulnerabilità genetica” secondo la quale l’assassino sarebbe predisposto ad un comportamento aggressivo. Il carcere può sicuramente essere un sistema rieducativo, ma con dati scientifici alla mano non per tutti che si macchiano di reato.

Giulio Romano Carlo

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4 comments

Luca G 3 Novembre 2019 - 2:26

Infatti ci vorrebbe la pena di morte.

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Commodo 3 Novembre 2019 - 5:04

L’ INFERNO è una dimensione così TERRIFICANTE che neppure i DEMONI ci vogliono stare. Queste entità, pur essendo, per loro natura, IMMORTALI, tentano continuamente di FUGGIRE su altri PIANI di ESISTENZA. Il carcere, difficilmente può rieducare certi elementi. Così come la pena di morte, perlomeno quella con “modalità” previste nei cosiddetti “Stati di Diritto, applicata in asettici e “rilassanti” scenari alla “Dottor Kildare” , non costituisce la PANACEA della DETERRENZA. Dunque, io, pur essendo favorevole alla pena di morte, ritengo che possa servire solo per “togliere di mezzo” individui che, oramai, di umano non hanno più nulla. La cui sola esistenza, pur in reclusione, guati come un universo Lovecraftiano abominevole sulle persone indifese e in altre faccende affaccendate. Lo stesso vale per il carcere. Il nostro “ordinamento”, nato, APPUNTO, dalla “RESISTENZA” , tende a proteggere e tutelare, per forza di cose e di “ideali” “resistenzialisti” ,(leggi: BANDITESCHI! come “minimo sindacale” , n.d.r.), i peggiori DELINQUENTI ed ASSASSINI senza SE e senza MA. È stata pure coniata, per LORO, una definizione edulcorata ad hoc: ” POVERI EMARGINATI RECUPERABILI”! Ma pensate un po’! Le pene, per CERTI REATI, dovrebbero essere DURISSIME, ed AUMENTABILI al MINIMO SGARRO! Come si fa nelle carceri di certi PAESI – CESSO. Difatti, le RAZZE – CESSO vengono a DELINQUERE qui da noi, perfettamente consci che il nostro sistema punitivo, rispetto a ciò che passerebbero LORO, nel LORO paese, per reati analoghi, e pure meno che all’ acqua di ROSE. Il SUCCO? Che i DELINQUENTI, se si vuole tutelare l’ ordine costituito, vanno trattati come TALI. Senza alcuno SCONTO. Per dirla in un modo tanto CARO alla nostra “beneamata” SINISTRA: “Senza Se e senza MA”. Ma LORO preferiscono vessare il cittadino onesto, trattandolo da DELINQUENTE, per un’ opinione che non collima con quelle da LORO propugnate, codificate & istituzionalizzate, (Come i LORO “governi” & “presidenti” non eletti da NESSUNO, n.d.r.), oppure perché PROPRIETARIO di qualcosa, quindi, per i postulati del PIDIESSISMO, un individuo che EVADE & RUBA! Comunque, un ORDINAMENTO che preveda RISARCIMENTI a FAVORE di RAPINATORI e FARABUTTI, e delle, di loro, FAMIGLIE, in caso di, come vogliamo chiamarlo? INFORTUNIO sul LAVORO???… e pene per colui che, in CASA PROPRIA! Difenda se stesso e la propria FAMIGLIA, io penso che sia TUTT’ ALTRO che RIEDUCATIVO!!!

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Anton 4 Novembre 2019 - 8:51

Mi domando: ma se il delinquente è il prodotto di una società squilibrata (i famosi fattori socio-ambientali), almeno, stando a quanto sostiene anche la sinistra, a che pro lo si intenderebbe “rieducare”? Forse per reinserirlo nella stessa società squilibrata che lo ha prodotto?

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rot 4 Novembre 2019 - 11:01

secondo me, chi si ravvede in carcere si sarebbe ravveduto comunque da se. per gli altri buttare la chiave.

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