Roma, 25 ott – Ve li immaginate La Repubblica, il Messaggero o Fanpage della situazione titolare “ucciso un ragazzo, è caccia a due scippatori rom”, o “i rapinatori avevano un forte accento africano”? No, un titolo del genere non lo vedrete mai. I più attenti invece avranno notato come, nel caso dei due presunti assassini del povero Luca Sacchi, fin dalle prime ricostruzioni abbiamo avuto subito informazioni in merito al loro “forte accento romano” e alla loro nazionalità italiana.
Ecco qui alcuni titoli sull’omicidio Sacchi
Quando invece a commettere i reati sono degli stranieri, sulla stampa mainstream non viene mai riportata la nazionalità. Bisogna quantomeno aprire il pezzo, superare titolo e sottotitolo e vedere se tra le righe del testo si fa accenno alla nazionalità.
Alcuni titoli su crimini commessi da stranieri
Qui addirittura nessun accenno alla nazionalità o all’etnia non solo nel momento delle prime ricostruzioni, ma anche dopo l’arresto del presunto criminale si parla solo di “un uomo”. Eppure la logica dovrebbe valere esattamente al contrario. Siamo in Italia, gli italiani rappresentano circa il 90% della popolazione residente; dunque se il criminale fosse di etnia italiana la sua origine non dovrebbe rappresentare una notizia, mentre se appartenesse ad una delle decine di nazionalità e minoranze, che rappresentano meno del 10% del totale dei residenti, forse avrebbe un senso sottolinearne la provenienza.
La Carta di Roma
Dobbiamo però fare i conti con lo spirito del tempo, con il politicamente corretto e il pensiero unico, che indirizzano la nostra stampa verso una direzione ben precisa: l’autorazzismo. Per chi non lo sapesse, a decidere cosa si può dire e cosa no, ci pensa la “Carta di Roma”, il cui glossario dal 3 febbraio 2016 è entrato a far parte, con il placet della Federazione nazionale stampa italiana, del “Testo unico dei doveri del giornalista”.
Il punto “Trattazione della criminalità” la Carta di Roma recita così: “Evitare di “etnicizzare” le notizie non significa censurare informazioni, ma selezionare, tra le varie caratteristiche proprie di una persona, solo quelle veramente pertinenti a capire cosa è successo. Mentre sarebbe utile alla comprensione della vicenda scrivere «Cittadino albanese arrestato alla stazione: era ricercato dalla polizia di Tirana», la designazione attraverso la nazionalità sarebbe superflua in un generico caso di cronaca nera come «Albanese arrestato: non si era fermato a un posto di blocco». In questo modo si suggerirebbe che la provenienza dall’Albania è rilevante per spiegare le azioni del soggetto e si favorirebbe l’associazione automatica nel lettore tra nazionalità e fatto criminoso. Una volta era consueto scrivere «Rapina in centro. Arrestati due meridionali». Oggi si tende a scrivere «due romeni», «due extracomunitari» ecc. Bisognerebbe ogni volta chiedersi «Scriverei “due italiani”?”.
Dall’antirazzismo all’autorazzismo
E’ evidente che rispetto alle indicazioni della Carta di Roma c’è stato un ulteriore scatto in avanti: dall’antirazzismo siamo passati all’autorazzismo. La stampa mainstream adesso omette la nazionalità degli stranieri, mentre sottolinea quella degli italiani. Violando tra l’altro i principi stabiliti dalla stessa Carta di Roma. Scrivere “caccia a due italiani” rientra proprio nel “favorire l’associazione automatica nel lettore tra nazionalità e fatto criminoso”. Mentre riportare la nazionalità dell'”uomo che semina il terrore con un machete” o dell'”uomo che vendeva le sue figlie”, potrebbe invece rientrare “tra le varie caratteristiche proprie di una persona pertinenti a capire cosa è successo”.
Quasi sempre infatti i casi di uomini armati di machete che seminano il panico riguardano africani o cittadini non europei, mentre i casi relativi alla compravendita delle spose o alle spose bambine in Italia molto spesso vedono il coinvolgimento di persone di etnia rom (come dimostrano anche sentenze della Cassazione in merito alla cultura rom sui matrimoni). Avrebbe molto più senso parlare di africani o rom in questi casi, piuttosto che sottolineare la nazionalità italiana di due rapinatori in un caso isolato. La realtà è che in un contesto dove un terzo dei reati sono commessi da stranieri (dato che sale ulteriormente nei casi di furti e rapine), il fatto che si trattasse di italiani è in qualche modo una notizia, almeno per chi ha l’obiettivo politico, più che giornalistico, di dimostrare che “anche gli italiani commettono reati”.
Il problema è che se l’autorazzismo è la regola, tutto quello che non lo è diventa automaticamente “razzismo”. E così se Salvini, dando per buone le prime ricostruzioni, parla di nordafricani in merito all’assassinio di Cerciello Rega è uno “sciacallo”, mentre Repubblica che subito ci dice “è caccia a due italiani” per Luca Sacchi invece va bene. Così come se Report ci parla della rete mondiale del sovranismo gestita dall’oligarca russo Malofeev va tutto bene, se invece uno nomina Soros viene bollato come complottista in un attimo. Ah, a proposito: l’associazione Carta di Roma è finanziata dalla Open Society. Ma è solo un caso.
Davide Di Stefano
6 comments
…abbiamo perso con coraggio la guerra armata ed ora perdiamo anche la guerra sociale….
In “casi” come questo, c’è solo da citare Diego Fusaro: “non ho mai creduto al “caso”. Non comincerò certo ora.
La vera notizia sarebbe “giornalista main stream pubblica una notizia non manipolata”. Vale per i giornalisti in generale, mica solo per quelli con la canottiera rossa, eh! Per fortuna, PN non è main stream.
Sarebbe meglio che I politici ascoltassero di più il prof. Meluzzi, oltre ad essere un valido psichiatra, criminologo è un vero cristiano che ha aperto la testa ed il cuore a Gesù. Ascoltiamo tutti
Di Stefano, quanta falsità nel tuo articolo, racconti esattamente il contrario di ciò che avviene in realtà, i media tacciono quitado sempre la nazionalità italiana e sbandierano quella straniera. O sei un giornalista incapace o deliberatamente fazioso.
Deliberatamente fazioso come il primato nazionale del resto…