Roma, 20 feb – Non mi stancherò di ribadirlo. Almeno finché non sarò non dico capito, ma almeno ascoltato. È dal trattamento che il potere dominante riserva ai “ribelli” che si comprende il loro reale grado di ribellismo. E ciò in ragione del fatto che la società del controllo totale e della reificazione senza confini non amministra in forma totalitaria soltanto, come è ovvio, il consenso. Con eguale forza, gestisce e amministra anche il dissenso, di modo che esso svolga una funzione apotropaica rispetto al vero dissenso, quello in grado di contestare realmente la società alienata del globalcapitalismo.
Sardine dissenso omologato
Il quale usa il dissenso ad usum sui: e, cioè, perché si dissenta non rispetto all’ordine dominante, bensì rispetto a tutto ciò che possa metterlo in discussione. Per la legge della dialettica, il dissenso che procede contro il dissenso finisce, eo ipso, per riaffermare la società del consenso di massa. Volete un esempio? Prendete le nostrane Sardine, che meglio sarebbe appellare Pesci Pagliaccio. Il loro dissenso omologato si dirige contro il populismo e contro il sovranismo: ergo, legittima, in forma mediata, il globalismo demofobico, il diagramma dei rapporti di forza dominante.
Ben diverso, naturalmente, è il caso di Assange. Che, insieme, con le “giubbe gialle” galliche, mi pare forse l’esempio massimo di dissenso oggi disponibile. Pensate anche solo a questo aspetto, che farebbe ridere, se non facesse piangere: Zuckerberg è osannato su scala cosmopolitica perché, di fatto, gestisce i vostri dati personali, con talvolta delle vere e proprie fughe di dati sensibili. Assange, per parte sua, è criminalizzato, perseguitato e demonizzato perché diffonde i dati del potere, rendendo noti gli arcana imperii e le nefandezze della monarchia del dollaro.
Giubbe gialle e Assange veri ribelli
In un mondo che non fosse quello della civiltà nichilista dei mercati, Assange sarebbe celebrato, Zuckerberg verrebbe criticato spietatamente. Ma poiché il nostro è e resta, almeno per ora, un mondo capovolto, avviene esattamente l’inverso. E ora Assange, in condizioni penose, è recluso e sottoposto a pressioni psicologiche di ogni tipo. Senza che i monopolisti del discorso e i padroni arcobalenici della parola spendano per lui una sola parola.
Ecco, non v’è dubbio: Assange è un vero ribelle. Lo si evince dal trattamento che gli è riservato dal potere e dagli aedi arcobalenici, gli stessi, per inciso, che esaltano e celebrano a reti unificate Greta e le Sardine, Olga la russa e la capitana teutonica Carola. Abbiamo bisogno – inutile negarlo – di più Assange e di più giubbe gialle. E di meno pesci pagliaccio, ovviamente. V’è bisogno oggi più che mai del vero dissenso, quello che metta in discussione l’ordine reale della produzione e del potere. In una parola, quello che si diriga contro il globalcapitalismo senza frontiere.
Diego Fusaro