Milano, 27 gen – “Ricordo ancora la stanza / dove ti ho conosciuto / non eravamo poi molti / a frequentare quel buco / stavi scrivendo sul muro / tutto indaffarato / delle parole strane / ma dal chiaro significato / Anche se tutti… noi no!”. Inizia così Camminando con libero passo – Una storia padovana 1969 – 1978 (Altaforte Edizioni, 18,00€, 176 pag.), il romanzo redatto dalla penna di Mario Bortoluzzi voce e autore della Compagnia dell’Anello. Un testo che diventa, con lo scorrere dell’inchiostro e delle pagine, un’ammissione di lotta e amore. La storia di generazioni e generazioni che si susseguono all’ombra dell’Idea assoluta. Da Padova per attraversare tutta l’Italia fino a lambire l’Iran all’alba della rivoluzione iraniana che ruota attorno al Grande ayatollah Ruhollah Khomeyni.
Nella Padova degli anni di piombo
Ambientato nella Padova degli anni di piombo, il romanzo ripercorre i passi di un gruppo di giovani missini – a cavallo del passaggio tra Giovane Italia e Fronte della Gioventù – tra cui lo stesso autore, che si trovano nel mezzo di una vera e propria guerra civile scatenata dall’ultrasinistra. Una lotta intrapresa abbeverandosi alla fonti di Giuseppe Mazzini che diventa esempio, “emanciparsi da ogni ostacolo che impedisce il compimento dei propri doveri”, e quella di C. Z. Codreanu, “perciò non programmi dobbiamo creare ma uomini, uomini nuovi”.
Il percorso ci guida attraverso gli anni ’70 dove l’Italia e Padova, la prima città su cui si è abbattuto l’odio politico fatto di pallottole delle Brigate Rosse – il 17 giugno 1974 morirono Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci per mano delle BR nella sede patavina del Movimento Sociale Italiano – persero l’innocenza, se mai di innocenza in questa Nazione si può parlare. Il percorso non si arresta e pone il lettore davanti a ricordi duri, amari che ripercorrono gli anni di carcere, le aggressioni, gli amici persi, ma che lasciano anche semi di speranza: la speranza di un’idea che, nonostante tutto, non muore ed è ancora in grado di far camminare, unite insieme, tante giovani vite che non vogliono arrendersi.
Il romanzo è impreziosito dalla prefazione di Guido Giraudo e dalla postfazione di Michele Chiodi. “Questa lezione emerge chiara dal romanzo di Mario, perché il senso della storia non è negli otto anni narrati ma nei rimanenti quarantacinque vissuti dall’autore”. Con queste parole Giraudo, animatore instancabile della politica milanese, congeda un tomo che ha il merito di ricalibrare l’uomo, e di conseguenza il soldato politico, al centro del senso della storia. Ancorato alla propria comunità di destino, l’unica capace di sradicare dalla bruttura di questo tempo l’animo dell’uomo.
Lorenzo Cafarchio
5 comments
Guido Giraudo ne ha da mangiare di pagnotte… E son buono. Romanzino di meno e si attengano ai fatti, capiti quasi per nulla! Come tutte le mezzecalzette!
Caro Fabio, mi sembri ingeneroso nei confronti di Giraudo: forse lo conosci poco. In ogni caso non si può sempre misurare con il proprio metro: ognuno ha il suo “settore”. In merito al romanzo è una formula ancora necessaria almeno per altri 20 anni; ripeto, necessaria, non essenziale. Ti assicuro che inseguendo i fatti si colgono molte e troppe contraddizioni e, purtroppo, si viene anche delusi da qualche new caghetta che dice: Io questa cosa non l’ho mai fatta…
SE ANCHE TUTTI , NOI NO !
Leggerò il libro sperando , come fanno i vecchi , che la NOSTRA storia
sia servita a qualcosa …..
Ad maiora .
Caro Fabio, mi sembri ingeneroso nei confronti di Giraudo: forse lo conosci poco. In ogni caso non si può sempre misurare con il proprio metro: ognuno ha il suo “settore”. In merito al romanzo è una formula ancora necessaria almeno per altri 20 anni; ripeto, necessaria, non essenziale. Ti assicuro che inseguendo i fatti si colgono molte e troppe contraddizioni e, purtroppo, si viene anche delusi da qualche new caghetta che dice: Io questa cosa non l’ho mai fatta…
Il problema di Giraudo, per quanto mi riguarda, è che scripta manent. Quando si torna malconci dal fronte non si è molto disposti a perdonare (per rispetto anche a tutti quelli, persone care, che con te hanno sofferto).
Ho imparato a mie ed altrui spese che contano solo i fatti (non rievocazioni parziali, comode, romantiche e superficiali). Quando ci sono di mezzo pure i morti, bisogna sapersi porre i veri perché e non sentenziare senza studiare a fondo, rischiando addirittura di schierarsi con la parte sbagliata.
Certo che è dura risalire ai fatti! Quindi meglio manifestare dubbio o il silenzio! New od old caghetta ci saranno sempre, sono inevitabili comprimari nel ns. destino di tutti i giorni… Abbiamo (mi sia perdonato il plurale), sete di verità e per quella, solamente per quella si è disposti a combattere. Non penso possiamo permetterci altro, almeno per ora.
Con tutto il rispetto per il libro che leggerò, saltando la prefazione.
(Un invito: rileggiti bene quello che hai, giustamente, riportato su B.Pitarresi, ma non certo capito fino in fondo). Era difficile capire prima, figurati sulle macerie! Sursum Corda.