Firenze, 22 ott – Un “romanzo vissuto”. Con queste esatte parole, Filippo Tommaso Marinetti volle definire L’alcova d’acciaio, suo capolavoro indiscusso e simbolo stesso della letteratura futurista. Il testo, che a suo tempo venne proposto da Vallecchi, è tornato in libreria grazie alla nuova edizione di Passaggio al Bosco. Trame vive, linguaggi nuovi, arditismo a profusione: L’alcova d’acciaio – che forse è il “romanzo futurista” più apprezzato e diffuso – venne vergato tra il 1919 e il 1920, raccontando – in una narrazione che unisce il rigore della verità storica all’anarchismo creativo delle “parole in libertà” – l’epopea della Grande Guerra, vissuta in prima persona da Marinetti.
L’alcova d’acciaio, il romanzo simbolo del futurismo
Nelle sue pagine – dove l’amore e il combattimento si mescolano all’arte e alla storia, rifiutando ogni intellettualismo e ogni deriva borghese – prende forma l’eroismo italiano, resistente sul Piave e trionfante a Vittorio Veneto: un viaggio mistico e sensuale, vero e fantastico, tenero e feroce, perfettamente riassunto in questa breve citazione: “Sono preso dalla gioia di scoprire una nuova legge. Trovo, nel momento più pericoloso di una battaglia, la soluzione di molti problemi che i filosofi non potranno mai scoprire nei libri. Poiché la vita non si svela che alla vita. Il segreto amplesso del passato e del futuro si rivela a coloro che tutto il passato hanno vissuto, sudato, pianto, baciato, morso e masticato e che vogliono fra le carezze o le gomitate della morte vivere, baciare, masticare e soffrire il loro futuro”.