Roma, 3 feb – Iva Zanicchi – così come Ornella Vanoni e Rita Pavone – fa parte di quel novero di cantanti senza peli sulla lingua ormai diventate famose per le battute caustiche e scorrette, pronunciate senza timore di conseguenze. Del resto, fanno parte del novero delle cantanti-monumento della musica leggera italiana da decadi: chi potrebbe mai tirarle giù da quel podio? Di sicuro non la gendarmeria del politicamente corretto televisivo.
Ironia sul Coronavirus
Così l’aquila di Ligonchio, intervistata a Domenica In dalla Venier, ha ironizzato sulla psicosi Coronavirus: «Dopo il mio viaggio ho sentito delle urla tremende. Una signora cinese scesa dal treno è stata fermata dagli inservienti. Non c’entrava niente poverina, ma ormai c’è la psicosi. Io quando vedo un cinese, sorrido e me la do a gambe!». E incalza: «Voi dovete essere cordiali, bere il caffè con loro…io me ne vado!». Zanicchi ha proseguito sul tema: «Non viaggio con la mascherina per ora e comunque non c’è da ridere perché il pericolo c’è. Lavatevi le mani e non soltanto le mani». Dichiarazioni che hanno provocato un immediato vespaio di critiche sui social.
Le “scuse” di Iva
Dopo questa parentesi Iva Zanicchi ha ripercorso la sua vita e la sua carriera in una lunga intervista, alla fine della quale, per accomiatarsi, la Venier è ritornata sullo spinoso argomento del Coronavirus affrontato poco prima: “Non è che qualche cinese si sarà offeso per quello che hai detto prima?”, ha chiesto bonariamente la presentatrice, temendo che le dichiarazioni dell’Iva nazionale avessero destato le ire della nutrita comunità cinese italiana. Ma la cantante non si scompone e minimizza: “No, figurati, era una battutaccia. Anzi, io soggiorno in un albergo, a Roma, in via Cavour [la stessa via dell’albergo Palatino dove sono stati scoperti i primi due casi di coronavirus sul territorio italiano, n.d.r.] e sono tutti cinesi”, racconta la Zanicchi. “Stamattina facevo colazione e ai tavoli, te lo giuro, ci saranno stato 30 cinesi. Io ero in un tavolino da sola, eh! Però loro erano lì!”.
Cristina Gauri