Napoli, 6 nov – Un neonato nato morto, una famiglia distrutta e voci ingiuriose sull’accaduto. Accade a Napoli, dove l’attesa di 6 ore per un tampone Covid sarebbe risultata fatale per il bambino di una giovane di Pianura, recatasi nella clinica dove era in cura per partorire.
Il tampone per accedere all’operazione
“Nessuno può ridare questo piccolo indietro, nessuno ci starà vicini, voglio che il mio grido di dolore lo sentano tutti perché non si può far morire un neonato per un tampone che non arriva” queste le parole di Valentina Polverino a Il riformista. Il bimbo sarebbe stato suo nipote. A quanto emerge, sulla base delle dichiarazioni dei medici e dei familiari di Maria, 20enne del quartiere di Pianura, la donna incinta sarebbe arrivata alla clinica privata Sanatrix intorno alle 12 con dei forti dolori. Però, per poter accedere alla sala operatoria, i sanitari avrebbero richiesto il tampone per coronavirus. “Dalle 12 che aspettavamo il risultato è arrivato solo alle 18, ma ormai era troppo tardi e il bambino è morto”, dice sempre la parente della donna.
La famiglia: “Non abbiamo sfasciato nulla”
Alcuni giornali, quando è emersa la triste notizia, hanno parlato di una famiglia in preda alla rabbia che avrebbe distrutto la clinica. Ma Valentina nega questa ricostruzione: “Tante testate giornalistiche dicono che abbiamo sfasciato tutto e aggredito le forze dell’ordine. Sfido chiunque ad avere questa notizia in un giorno che doveva essere di gioia. Posso assicurare che nonostante la drammatica notizia, non abbiamo sfasciato e aggredito nessuno e ci sono video che lo testimoniano”. “Maria e mio fratello hanno 20 e 22 anni, quello che sarebbe dovuto nascere era il loro primogenito. Il 5 novembre alle 11 e 45, ci arriva la telefonata della suocera di Maria che avverte tutta la famiglia di andare in clinica perché mia cognata aveva i dolori pre parto”, dice ancora la donna “siamo andati tutti alla clinica e come da prassi non ci hanno fatto entrare a causa del coronavirus. L’unico modo per accedere e stare un solo giorno vicino mia cognata era pagare 280 euro, più 100 il tampone per tre giorni consecutivi”.
“Il risultato del tampone non arrivava”
E il racconto così continua: “Abbiamo aspettato fuori alla clinica in ansia perché mia cognata ha dei problemi cardiaci. Ogni ora chiamavamo il nostro ginecologo, il dottor Festa, che ha seguito Maria per tutta la gravidanza. Verso ora di pranzo ci ha detto che a Maria era salita la febbre a 40, aveva delle coliche e c’erano delle complicazioni per cui bisognava operarla subito. Ma il risultato del tampone non arrivava per cui bisognava aspettare. Intanto mia cognata era monitorata”.
“Il ginecolo insisteva per operare subito”
“A questo punto l’unica cosa da attendere era la risposta del tampone” continua Valentina se era negativo si procedeva al cesareo, se fosse stato positivo bisognava trasferire Maria in un ospedale. Intanto mia cognata soffriva, ma fino a un’ora prima del parto era monitorata e il battito del piccolo c’era. Il ginecologo ha insistito che doveva operare subito perché la ragazza stava male. Ma il direttore della clinica ha detto di no perché bisognava per forza aspettare l’esito del tampone”.
La mamma era negativa, ma per il bimbo era troppo tardi
“Alle 18 e 15 ci dicono che Maria era negativa al coronavirus, la preparano per andare in sala parto, le staccano i monitoraggi, scendono giù, la fanno un’anestesia generale visto che era diventato urgente il cesareo. Ma mio nipote nasce morto“, conclude Valentina. Secondo quanto racconta, il ginecologo della clinica sarebbe uscito piangendo e mettendosi dalla parte della famiglia, dicendo che se l’operazione fosse stata condotta un’ora prima, ora il bimbo sarebbe vivo.
Ilaria Paoletti