Roma, 27 ott – Solo nella giornata di oggi, sono 4000 gli immigrati sbarcati sulle nostre coste. Fa allora ancora più rabbia il dato diffuso dal sito Redattore Sociale, secondo il quale in sei anni, dal 2009 al 2014, dall’Italia sono partiti 3.919 stranieri per fare ritorno a casa. Non sono gli espulsi, ma quelli che approfittano dei fondi europei destinati agli immigrati che vogliono tornarsene a casa. Avete capito bene: paghiamo (profumatamente) gli immigrati affinché se ne tornino dove avrebbero sempre dovuto restare: a casa propria.
Ora, dopo un blocco di un paio di anni l’Ue ha finanziato un nuovo Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami 2014-2020), per 3 mila nuovi posti da giugno 2016 a marzo 2018, in diversi programmi di ritorni volontari assistiti. “La novità di questo nuovo bando – spiega Valeria Carlini, ufficio stampa e coordinatrice del progetto Integrazione di ritorno – è l’apertura anche a chi ha il permesso o la carta di soggiorno, oltre a chi ha ricevuto il diniego e gli irregolari, ai quali si dedica comunque grande attenzione. I ritorni volontari possono diventare sempre più uno strumento di sostegno utile a quanti non trovano la strada di integrazione che cercano”. Quindi, in sostanza, gli immigrati vengono da clandestini a spese loro, commettendo un reato. Poi, quando “non trovano la strada di integrazione che cercano”, anziché espellerli li accompagniamo a casa di tasca nostra.
Il progetto, infatti, mette a disposizione servizi di orientamento, assistenza sociale e legale negli sportelli del Consiglio italiano per i rifugiati di Roma e Milano, assistenza per l’organizzazione del viaggio e un contributo economico di 400 euro a persona per le spese di prima necessità. I piani di reintegrazione nel Paese di origine sono realizzati in partnership con organizzazioni non governative. A tale scopo, sono a disposizione 1.600 euro in beni e servizi per singoli o capifamiglia, più 800 euro per ogni familiare maggiorenne a carico e 480 euro per ogni minorenne.
Sul sito del ministero dell’Interno, in data 19 maggio 2016, si comunica che cinque progetti per il rimpatrio volontario assistito sono stati ammessi al finanziamento per complessivi 11.619.910,84 euro. Il sito migrare.it spiega che il programma è rivolto a “richiedenti protezione internazionale; richiedenti protezione internazionale con diniego, entro i 15/30 giorni dal ricevimento del diniego o successivamente alla presentazione del ricorso; cittadini di paesi terzi che beneficiano di forme di protezione internazionale: rifugiati e titolari di protezione sussidiaria; cittadini di paesi terzi con permesso di soggiorno per motivi umanitari; vittime di tratta e casi assimilabili; cittadini di paesi terzi che vivono in Italia in situazione di estrema vulnerabilità e grave disagio (disabili, donne sole con bambini, anziani, persone con gravi problemi di salute fisica e/o mentale, senza fissa dimora); cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso e/o soggiorno in uno Stato membro (o che non soddisfano più le condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno ai fini della permanenza sul territorio italiano”. Dal programma sono invece esclusi i cittadini comunitari, i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (carta di soggiorno) e gli stranieri che hanno ricevuto un decreto di espulsione.
Se non altro si prevede che chi sceglie il rimpatrio accompagnato lasci il permesso di soggiorno alla frontiera: la scelta è pensata come definitiva, non è che dopo due mesi si può tornare in Italia. Anche se, conoscendo bene i meccanismi opachi che regolano (o meglio: non regolano) l’immigrazione in entrata, dire che questa sia una garanzia è quanto meno azzardato.
Adriano Scianca