Roma, 21 mag – Pur tra mille difficoltà, tra aiuti economici che non arrivano e nessuna certezza sul futuro, l’Italia prova a ripartire. Baristi, ristoratori, parrucchieri, palestre e centri estetici possono quantomeno provare a tirare nuovamente su la serranda. Discorso però che non vale per i gestori delle agenzie di scommesse: non solo non possono riaprire, ma dalle istituzioni non è stata fornita nemmeno una data per la possibile riapertura. Una vera e propria discriminazione, motivata da un probabile pregiudizio ideologico nei confronti del settore. Eppure il comparto giochi non è affatto marginale, considerando che al momento impegna attivamente 75 mila persone, un tessuto economico che di fatto sostiene circa 200 mila famiglie e garantisce entrate allo Stato per oltre 15 miliardi di euro.
“Perché Lotto e Superenalotto sì e noi no?”
Pregiudizio ideologico contro il gioco d’azzardo che mostra però evidenti contraddizioni: perché per gratta e vinci, Lotto, Win for life e tutti quei giochi presenti dal tabaccaio non c’è stato nemmeno un giorno di stop, mentre per le scommesse sportive e i bingo dopo oltre due mesi di quarantena ancora non si fornisce nemmeno una ipotetica data per la riapertura? Per ribadire il proprio diritto al lavoro stamattina alcuni gestori riuniti sotto la sigla della Federazione italiana gestori scommesse si sono recati sotto Montecitorio. “Il nostro settore è stato discriminato”, spiega Christian Evangelisti, portavoce della Federazione italiana gestori scommesse. “E’ sconcertante che non ci sia stata fornita una data per la riapertura, il diritto al lavoro sancito dalla Costituzione vale anche per noi. Chiediamo solo di sapere quando possiamo ripartire. Perché lotto, Superenalotto, gratta e vinci non sono mai stati fermati? Noi invece siamo stati i primi a chiudere e non sappiamo quando riapriremo”.
La solidarietà di Forza Italia
Ad esprimere solidarietà ai gestori delle agenzie di scommesse alcuni deputati di Forza Italia, tra cui Benedetta Fiorini. “Serve un approccio razionale, parliamo di più di 120 mila famiglie”, spiega il deputato azzurro. “Non ci sono lavoratori di serie a e di serie b. Il gioco legale si chiama legale perché è un presidio di legalità, dobbiamo tutelare chi lavora con professionalità e legalità ed evitare che questo settore vada in mano alla criminalità. Queste persone che oggi manifestano devono essere trattati come tutti i lavoratori d’Italia”.
Davide Di Stefano
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