Roma, 24 giu – Ci sono ottime ragioni laiche per essere contrari al ddl Zan, nel merito e soprattutto in ciò che esso significherebbe come segnale in senso repressivo, senza che si dovesse attendere che il Vaticano si svegliasse dal suo torpore. È pur vero che il vecchio detto di Deng Xiaoping sul colore dei gatti che non è importante, a patto che acchiappino i topi, non è certo passato di moda. Ben vengano, quindi, le obiezioni della Santa Sede alla legge arcobalenata, non foss’altro che per l’imbarazzo che hanno creato nel settore politico che in questi ultimi anni più si è distinto per clericalismo: la sinistra italiana.
Ddl Zan, chi si indigna per le ingerenze del Vaticano
È divertente, in effetti, vedere la marmaglia dem, radicale, antifa che fino a ieri si sperticava in lodi al clero, che improvvisamente aveva riscoperto il «vero significato del Vangelo», che applaudiva i preti anti salviniani e quelli che attaccavano la luce alle occupazioni antifasciste, che aveva affiancato Bergoglio a Guevara e che dava lezioni di catechismo ai sovranisti – insomma tutto questo esercito di convertiti dell’ultima ora indignarsi adesso per le «ingerenze» del Vaticano. Ingerenze che, beninteso, erano sacrosante quando invece si trattava di criticare le legittime politiche di contrasto all’immigrazione clandestina o addirittura di condizionare le norme sulla cittadinanza. Con la differenza che se per gli interventi della Chiesa in materia di ius soli non c’è un solo appiglio che li giustifichi, né legale né dottrinale, la richiesta del Vaticano di non mettere a rischio il Concordato fa per lo meno leva su un accordo bilaterale che ha delle clausole ben precise.
C’è un’ulteriore contraddizione che è divertente da osservare: quando si lascia campo libero agli influencer, quando si sgancia il dibattito politico dalle sedi e dagli argomenti adeguati e ci si affida alla potenza di fuoco di chi ha il megafono più lungo, fosse anche un soggetto non politico, che non ragiona in modo politico, che non risponde politicamente delle cose che dice, non ci si può certo lamentare se poi scende in campo l’influencer con la I maiuscola, quello che la capacità di influenzare l’ha affinata nel corso dei secoli. Insomma, perché Fedez sì e il Vaticano no?
Gli interessi di una parte
Bisogna applaudire, comunque, tutto ciò che semina ostacoli sulla strada di una legge sbagliata, da qualsiasi parte provenga. Laici e non laici, uniti per la libertà di pensiero. E però… Sì, c’è un però. Perché il punto di partenza da cui proviene la critica ne condiziona anche i contenuti e quindi gli effetti concreti. Il Vaticano si oppone al ddl Zan per suoi, legittimi, interessi e intende tamponare quegli aspetti del testo che mettono a repentaglio «libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario».
Preoccupa, ad esempio, la parte della norma che non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia. Come se, invece, farla solo nelle scuole pubbliche andasse bene. La Chiesa, insomma, fa valere gli interessi di una parte, sia pur storicamente legata ai destini dell’Italia da tempo immemore e con larghissima rappresentanza popolare. Ma sempre di una parte si tratta. Ora, ciò che non va nelle politiche Lgbt è esattamente, al di là del merito, che scompongono la società in tante nicchie, in tante comunità, in tante lobby, ciascuna portatrice di specifiche rivendicazioni e «diritti», la cui messa in opera è affidata alla competizione darwiniana fra di esse (vedasi, per esempio, il sorpasso recentemente operato dai trans sulle femministe e sulle lesbiche).
Ddl Zan, la giusta critica
Certo, non si può considerare la Chiesa un interlocutore culturalmente, storicamente e politicamente rilevante al pari del collettivo degli intersessuali albini del sagittario. Non a caso con la prima lo Stato ha stipulato due concordati mentre finora ha ritenuto che l’esistenza dei secondi non fosse politicamente rilevante. La logica da opporre di fronte a queste sfide, tuttavia, non può mai essere quella di una parte, ma sempre quella del tutto, secondo una logica olistica, comunitaria, politica, organica. Non si critica il ddl Zan perché forse può limitare la nostra libertà, ma perché è sicuramente un insulto a quella di tutti. Anche perché, in caso contrario, la soluzione che può venire in mente è quella dei «correttivi», dei «testi condivisi», insomma degli aggiustamenti pilateschi. È infatti questa l’aria che tira. Il clima ecumenico instaurato all’ombra di Draghi farà il resto. E alla fine ci troveremo con un ddl Zan dimidiato, magari «migliorato» in alcuni aspetti, ma comunque con una sconfitta di tutti.
Adriano Scianca
2 comments
La mia opinione è che il DDL Zan debba essere combattuto per tanti motivi. Fra cui:
1)Non si devono creare cittadini di “Serie A” e di “”Serie B”. La legge deve essere uguale per tutti.
2)Non si devono creare violenze di “Serie A” e di “Serie B”. Se una persona viene picchiata, per esempio, il colpevole deve essere PUNITO indipendentemente da tante “differenze”che possone creare leggi basate su FUFFA ideologica come queste.
3)leggi simili, in altri paesi, hanno rappresentato un ENORME rischio per la libertà di espressione anche se nessuno fra i sostenitori sembra volerlo ammettere. Nessuna modifica potrà cambiare questo problema perché è “insito” nel tipo di legge. Non facciamoci fregare.
Ci sono moltissimi casi di cronaca a dimostrazione.
Potrei andare avanti. In ogni caso, queste 3 motivazioni, non mi sembra che siano una “robetta da niente”.
Non c’entra niente, almeno dal mio punto di vista, alcuna religione.
I motivi partono da pensieri che si possono fare “al di fuori” di qualsiasi ambito religioso, qualsiasi dottrina.
Laici contro laidi? Visto i precedenti, la vedo dura.