Roma, 26 nov – “E’ urgente l’apertura delle scuole per evitare che alla crisi sanitaria ed economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini. Lo Stato può intervenire, sulla parte economica, con ristori, ma non può sostituire i benefici portati dalla frequenza scolastica. Un bambino di 6 anni non avrà più 6 anni e ciò che perde in questi mesi lo avrà perso per sempre”. Inizia così l’appello di Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip), in vista della conferenza di presentazione del Congresso straordinario digitale della Sip, intitolato “La Pediatria italiana e la pandemia da Sars-Cov-2”, che si aprirà domani e sarà in programma fino al 28 novembre. Agostiniani si rivolge al governo e lo fa con un appello accorato, rilevando tutti i pericoli della chiusura prolungata degli istituti scolastici.
Oltretutto “la scuola è uno dei luoghi più sicuri: ci sono le regole e chi le fa rispettare”, dice il vicepresidente della Sip, specificando che “non mancano i problemi come il trasporto pubblico e il tracciamento, ma è su questi elementi in cui si deve agire“. Altrettanto importante è poi quanto fatto notare da Agostiniani relativamente alle infezioni da Covid nei bambini, che sono più basse “rispetto agli adulti e sembrano seguire la situazione piuttosto che guidarla. E’ più facile che sia un adulto ad infettare un bambino che viceversa. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione, diffusi il 15 ottobre, gli studenti contagiati erano 5.793, lo 0,08% del totale, i docenti 1.020, cioè lo 0,1%, e il restante personale scolastico 283, cioè lo 0,14%, a testimonianza che le scuole sono luoghi sicuri”. Dunque, a maggior ragione, “disinvestire sull’infanzia è un grave errore”, tuona Agostiniani.
Gli effettivi negativi del lockdown
Ma l’associazione dei pediatri non si limita a chiedere la riapertura delle scuole, ricordando i dati sui contagi dei giovanissimi. Spiega anche gli effetti negativi su alimentazione, stili di vita e disparità sociali generati dal lockdown. “L’epidemia da Sars-Cov-2 e l’epidemia di obesità, all’apparenza così distanti, sono in realtà strettamente connesse: l’isolamento, la noia, la sedentarietà spingono a un maggior consumo di alimenti calorici favorendo il sovrappeso e l’obesità che a sua volta è un fattore di rischio per il Covid-19“, dice Annamaria Staiano, vicepresidente del Sip.
C’è poi una sempre più allarmante situazione sanitaria per i più piccoli connessa alla pandemia e alle conseguenti misure restrittive imposte dal governo. Si va dal ritardo di diagnosi per patologie gravi, alle terapie interrotte e agli accessi al pronto soccorso pediatrico ridotti in media del 40%. “A farne le spese sono soprattutto i più fragili, cioè quel milione di bambini con patologie croniche complesse che, durante le fasi più acute della pandemia, si sono trovati nella impossibilità di seguire i controlli, di raggiungere gli ospedali e spesso anche gli ambulatori dei pediatri di famiglia, con conseguenze negative sul piano clinico e psicologico”, spiega Giovanni Corsello, past president della Sip.
Alessandro Della Guglia
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Un muro di gomma è la perfetta allegoria del CTS