Roma, 27 nov – Torna sulle pagine dei media nazionali il dibattito sugli edifici realizzati durante il Ventennio. Questa volta è la stessa Unione europea a riproporre il tema attraverso quello che è stato definito “il primo meeting europeo sul patrimonio dissonante”, il quale si terrà a Cesena nelle giornate del 30 novembre e 1 dicembre. L’obbiettivo annunciato di tale iniziativa sarà quello di “ripensare gli edifici costruiti in periodi storici difficili, portatori di valori controversi”, una definizione a priva vista senza alcun significato reale concreto e che trova terreno solamente grazie al furore ideologico tipico della cancel culture.
Un patrimonio dissonante dai tanto cari valori occidentali
La spiegazione del significato di patrimonio dissonante farebbe riferimento a tutti quegli oggetti patrimoniali “collegati ad eventi storici più o meno conosciuti e riconosciuti, in alcuni casi legati ad un passato comune complesso e controverso, da cui possono scaturire interpretazioni conflittuali o comunque in contrasto tra loro da parte di gruppi socioculturali diversi come, ad esempio, le architetture dei totalitarismi del ‘900”. Come primo processo alla storia da parte di questo evento internazionale, si è subito pensato alla famigerata architettura razionalista, simbolo dell’Italia negli anni Venti e Trenta del secolo scorso e che rientrerebbe in questa definizione.
Follia del revisionismo e della cancellazione
Già qualche anno fa il New Yorker, periodico statunitense della Grande Mela, aveva denunciato la persistenza nel nostro Paese di numerosi edifici appartenenti al Ventennio, domandandosi come fosse stato possibile. La continua tendenza dei vertici Ue a promuovere progetti animati dalla volontà di distruggere la storia ed uniformare il futuro non può trovare spazio attraverso le risorse pubbliche. Il tentativo di revisionismo ai danni dei capolavori del razionalismo italiano deve subire un netto rifiuto.
Andrea Grieco