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Carenza di medici negli ospedali. La denuncia: “Noi neolaureati bloccati dal governo”

by Eugenio Palazzini
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Roma, 3 dic – Più volte, soprattutto durante il lockdown di primavera, si è parlato della carenza di medici specializzati. Con il concorso di specializzazione 2020, circa 23mila neolaureati in medicina sono in attesa di sapere se e quale borsa di specializzazione gli sarà assegnata. Da decreto del MIUR di settembre 2020, i posti assegnati tra borse di studio nazionali, regionali e privati sono 14.455 di cui 39 riservati al corpo militare e 446 a dipendenti del sistema sanitario nazionale. Allo stato attuale quindi più di 10mila medici resterebbero in attesa di collocazione.

L’assegnazione di ulteriori borse di studio nazionali riuscirebbe a garantire la piena occupazione, considerando anche il periodo di emergenza sanitaria. Tali posti potrebbero essere oltretutto incrementati in quelle specializzazioni oggi più richieste come anestesia e medicina interna. Parliamo insomma di giovani professionisti bloccati dall’inefficienza di un governo che non riesce a fornire risposte chiare, tempi certi e seria programmazione necessaria per contrastare un’emergenza sanitaria.

La denuncia: “Diecimila medici fuori dalle borse di specializzazione”

“Le borse sono state portate quest’anno da 11mila a 14.500, ma c’è un disavanzo perché circa 10mila neolaureati rimarranno fuori dalle borse di specializzazione. E ogni anno poi si aggiungono altri giovani medici”, dice al Primato Nazionale la dott.ssa Martina Vignani, laureata in Medicina nel dicembre 2019. “Noi dovevamo avere già scelto e già dovevamo avere le assegnazioni di borse per la presa in carico entro il 30 dicembre, invece ancora non sappiamo nulla. Nel frattempo – fa notare la dottoressa Vignani – richiamano i medici in pensione ma non ‘reclutano le nuove leve’, è come se in guerra si puntasse sui veterani senza coinvolgere le forze fresche”.

Questa però non è l’unica assurdità evidente, perché “le 4.200 borse aggiunte quest’anno sono poche rispetto al bisogno effettivo. Non si vuole investire in formazione e il contratto nazionale per le borse di specializzazione per i primi due anni è di 1.600 euro netti al mese, per un lavoro da medico di 8 ore al giorno. Circa 10 euro l’ora”, ci dice la dott.ssa Vignani. In tutto questo l’Italia sta pagando anche ritardi e farraginosità burocratiche che appaiono ancor più inaccettabili di fronte a un dramma sanitario. Prova ne è l’aspetto legato alla mancate abilitazioni.

Medici lasciati a casa in piena emergenza

“Attualmente la laurea in medicina è abilitante, ma prima dell’estate 2020 non lo era e chi come me si è laureato tra dicembre 2019 e marzo 2020 ha dovuto perdere diversi mesi per fare un ulteriore tirocinio abilitante. A titolo esemplificativo – spiega Vignani – io mi sono laureata a dicembre 2019 e ho dovuto aspettare agosto 2020 per cominciare a lavorare. Migliaia di medici sono rimasti così fermi senza poter lavorare nel pieno dell’emergenza Covid”.

Non siamo più a primavera, ma dalla cosiddetta “prima ondata” di coronavirus sono passati ormai diversi mesi e continuiamo a pagare falle sistemiche, errori grossolani e decisioni del tutto incomprensibili. “Ci sono medici che vengono impiegati per lavori di segreteria per il tracciamento dei casi Covid. Ce ne sono altri – fa notare ancora la dott.ssa Vignani – assunti negli ospedali pubblici con regolare contratto per poi essere lasciati a casa, perché i reparti a cui erano stati assegnati per l’emergenza Covid erano chiusi. Quindi sono stati a casa pagati senza aver lavorato”.

Eugenio Palazzini

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