Perugia, 23 mar. – Operazione antiterrorismo in Italia: gli arrestati, 3 tunisini e un marocchino, agivano tra Perugia, Milano e la Germania, facevano proselitismo sul web, diffondendo centinaia di post contenenti foto, scritti e video, per sostenere l’ideologia delle frange più estreme del radicalismo islamico. La cellula terroristica scoperta in Italia è stata smantellata dalla Polizia Postale di Perugia, in collaborazione con il compartimento di Milano, e sotto il coordinamento del Servizio di polizia postale e delle Comunicazioni a Roma. L’operazione, a cui hanno contribuito anche la Digos e l’ufficio immigrazione di Milano, la polizia scientifica di Roma e il reparto prevenzione crimine Lombardia, è stata denominata “Da’Wa”, e 4 persone sono finite in manette. Si tratta di tre tunisini e un marocchino, tutti irregolari sul territorio italiani ad eccezione del tunisino che saltuariamente lavorava come pizzaiolo. Gli altri erano senza fissa dimora e praticavano lo spaccio di droga. Tutti erano impegnati a esprimere piena condivisione alle azioni armate e agli attentati realizzati dall’Isis. contro di loro l’accusa di istigazione a delinquere con l’aggravante di aver commesso il fatto attraverso l’uso del mezzo informatico con finalità di terrorismo.
L’indagine è iniziata monitorando alcuni account Facebook, che si è scoperto essere tutti riconducibili ai 4 arrestati. Dall’analisi dei files log dei vari profili del social network, la Polizia Postale è potuta arrivare a identificare gli utilizzatori successivamente localizzati a Milano. Per connettersi a internet e non lasciare traccia i 4 utilizzavano quasi sempre reti wireless che ne assicuravano l’anonimato.
Durante la conferenza stampa in cui sono stati presentati i risultati dell’indagine, il procuratore Luigi De Ficchy ha spiegato che l’operazione Da’Wa ha avuto una finalità di prevenzione poiché non si è riscontrato un pericolo imminente di attacchi terroristici pianificati dai 4 arrestati: “inneggiavano alla guerra santa, al martirio e alla Jihad con l’obiettivo di fare proselitismo. L’intenzione era entrare nelle coscienze di coloro con cui entravano in contatto. C’era anche l’intenzione di far cambiare loro gli stili di vita verso l’Islam radicali, per portarli nei luoghi in cui si combatte ossia in Siria e in Iraq. Il livello di pericolosità è elevato perché il passaggio ad azioni violente è difficile da prevedere”.