Roma, 26 ott – Mentre Mario Morcone, il prefetto capo dipartimento immigrazione del ministero dell’Interno, accusa i residenti di Goro e Gorino, neanche fossero sudditi di Alfano, dicendo che “devono vergognarsi” e che “non rappresentano l’Italia”, continua, sulle coste di Sicilia e non solo, l’ondata di sbarchi. Negli ultimi tre giorni sono stati oltre 12mila gli immigrati recuperati nello specchio di mare fra l’Italia, la Libia e la Tunisia, smistati fra Palermo, Augusta, Napoli e il Salento.
Una recrudescenza del traffico di esseri umani, quella delle scorse 72 ore, aiutata anche dalle buone condizioni meteo e che permetterà, se l’andamento sarà confermato, di abbattere ogni precedente record. In questi primi dieci mesi dell’anno, infatti, abbiamo già superato i 153mila arrivi, il 10% in più rispetto allo stesso periodo del 2015, anno già superato (di 1000 unità) sul totale degli sbarchi nei 12 mesi. E ci apprestiamo anche a polverizzare l’annus horribilis 2014, quando gli immigrati pescati al largo furono 170mila.
Una massa considerevole di persone il cui destino è incerto, considerando che solo un sedicente profugo su venti, cioé il 5%, otterrà lo status di rifugiato. Ad oggi sono quasi 170mila i censiti nei vari centri d’accoglienza siti in Italia, ma il sistema di identificazione è o è stato talmente carente da rendere difficili le stime. Basandoci solo sui numeri ufficiali, è lecito pensare che poco più di 8mila potranno godere dello status. E gli altri? Diventeranno, in assenza di un efficace sistema di rimpatrio, clandestini a tutti gli effetti, liberi di vagare al di fuori della legge per tutto il territorio nazionale. E che siamo andati noi stessi a prendere con la Marina Militare.
Nicola Mattei