Roma, 12 gen – Questa domenica è in programma la finale della trentottesima edizione della Supercoppa di Spagna, partita che vedrà scendere in campo Real Madrid e Barcellona nel famigerato Clásico spagnolo. La finalissima si disputerà allo stadio dell’Università re Sa’ud (conosciuto anche come Al-Awwal Park) a Riad, capitale del Regno dell’Arabia Saudita. Tralasciando le motivazioni, strettamente economiche e di pubblicità, del perché da anni le principali federazioni di calcio europee svolgano questo tipo di competizioni fuori dai propri Paesi, fa riflettere come le suddette società sportive calpestino tutte quelle istanze di inclusività e politicamente corrette tanto sbandierate nei propri confini in nome del dio denaro.
Il Barcellona sconsiglia manifestazioni di sostegno per i diritti civili
Qualche giorno fa il Barcellona ha pubblicato sul proprio sito un vademecum circa le norme di comportamento da adottare nel caso si decidesse di recarsi in Arabia Saudita a sostenere i colori blaugrana per l’attesissima finale contro il Real Madrid di Carlo Ancelotti. Oltre le solite raccomandazioni sul rispetto e la cautela negli eventuali festeggiamenti, la dirigenza dei campioni di Spagna in carica ha voluto sottolineare come anche le manifestazioni di sostegno alle tematiche Lgbt, anche attraverso i social media, potrebbero essere motivo di sanzione e, per questo motivo, sconsigliate.
L’ipocrisia woke delle grandi società
Proprio la società presieduta da Joan Laporta, ex deputato indipendentista del Parlamento della Catalogna, è la stessa che durante i mesi del Pride ha inondato i propri canali social di bandiere arcobaleno e di messaggi solidali votati all’inclusività ed ai diritti civili. L’ipocrisia woke del Barcellona e di altre compagini calcistiche, le quali cavalcano l’onda Lgbt per fini meramente pubblicitari come la stragrande maggioranza delle principali multinazionali, si sgretola biecamente sul muro dei petroldollari sauditi.
Andrea Grieco