Livorno, 24 lug – Un giro di matrimoni combinati per far ottenere il permesso di soggiorno ad extracomunitari disposti a pagare qualsiasi cifra per rimanere in Italia. E’ quando emerso da una lunga indagine che ha visto impiegati sul campo più di cento militari di dieci reparti della Guardia di Finanza coordinati dal comando provinciale di Livorno, e ha portato all’emissione di cinque misure cautelari nelle province di Livorno, Siena, La Spezia, Torino e Padova. Sono invece 56 le persone indagate.
Secondo la procura di Livorno la «banda dei matrimoni» organizzava unioni false – cioè tra estranei – ma legalmente regolari, tra italiani, e immigrati, in particolare sudamericani e nordafricani, che arrivavano a sborsare fino a 8mila euro. Lo sposalizio durava giusto il tempo necessario perché il pagante ottenesse il permesso di soggiorno. Gli arrestati o sottoposti a obbligo di dimora o indagati sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione in falso in atto pubblico. Le redini del circuito erano in mano ad un dominicano di 55 anni in collaborazione con quattro livornesi, tre uomini e una donna, ora sottoposti ad obbligo di dimora. «Le coppie di “sposi” erano spesso caratterizzate da una differenza d’età consistente – spiegano gli inquirenti al Corriere – e in alcuni casi le “spose” dominicane si sono, poco dopo il matrimonio, ritrovate già vedove di uomini anche trent’anni più anziani».
Emblematico il caso di una delle indagate, a cui è stato contestato anche il reato di abbandono di persona incapace di provvedere a se stessa in ragione delle patologie sofferte e dell’età avanzata (ultra settantenne), che poi era venuta a mancare. La donna, che dopo il falso matrimonio aveva fatto ritorno al proprio Paese d’origine, era tornata in Italia alla morte del coniuge per impossessarsi, come erede, della casa popolare a Livorno domicilio del defunto marito.
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[…] Organizzavano falsi matrimoni allo scopo di far ottenere permessi di soggiorno a cittadini extracomunitari, per un giro di affari centinaia di migliaia di euro. E’ quanto emerso dalle indagini condotte dalla Dda di Messina che hanno portato alla luce l’esistenza di due organizzazioni, da tempo attive a Messina e con ramificazioni in Marocco, le cui redini erano tenute da due cittadini marocchini. Lo riporta La Sicilia. […]