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L’unico profugo (vero) snobbato dai buonisti è il Dalai Lama

by Adriano Scianca
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Dalai LamaRoma, 19 ott – Il Consiglio comunale di Milano conferirà giovedì la cittadinanza onoraria a Tenzin Gyatso, leader religioso dei buddisti tibetani in esilio, premio Nobel per la pace, cosa che ha suscitato la durissima reazione della comunità cinese: “Quella dell’attribuzione della cittadinanza onoraria al Dalai Lama è un’iniziativa che riteniamo sbagliata e che offende decine di migliaia di cittadini cino-milanesi”. Hanno le loro ragioni, i cinesi? Sicuramente curano i propri interessi. Ma, al di là del merito della complessa questione tibetana, stupiscono le cautele con cui molte delle istituzioni che parlano in continuazione di “profughi” continuano a trattare un leader religioso che profugo lo è davvero.

Il sindaco Sala, per dire, ha deciso di incontrare il Dalai Lama solo a Linate, per non creare problemi ai cinesi. Ne è comunque uscito meglio di Papa Bergoglio, che non cessa di vantare le virtù dell’accoglienza, che vede in chi scappa dalla guerra e dall’oppressione il volto di Cristo, ma che nel recente incontro di Assisi in cui erano presenti 400 leader religiosi da tutto il mondo non ha trovato modo di inserire uno spazio per il leader del buddismo tibetano, che conta circa 15 milioni di fedeli sparsi fra il Tibet e la diaspora nel mondo (mancava anche un rappresentante dell’induismo, seguito da circa 1 miliardo di aderenti).

Già nel 2014 Gyatso era passato da Roma, ma il lavoro diplomatico per farlo ricevere in Vaticano non era servito. Forse a San Pietro amano più Machiavelli di Gesù Cristo. Anche i premier italiani hanno accuratamente evitato di pestare i piedi ai cinesi. A livello internazionale non va meglio: il Sudafrica post-apartheid, dipinto come una sorta di paradiso antirazzista, ha negato per tre volte il visto al Dalai Lama. Nel 2010 la Danimarca gli ha concesso di visitare il Paese, ma non di incontrare il governo. Nel maggio del 2014 è accaduto lo stesso in Norvegia, il Paese il cui re Harald V ha recentemente fatto commuovere i buonisti di mezzo mondo, dichiarando: “Sono norvegesi anche coloro che sono venuti dall’Afghanistan, dal Pakistan e dalla Polonia, dalla Svezia, dalla Somalia e dalla Siria”. Non dal Tibet, a quanto pare.

Adriano Scianca

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2 comments

nemesi 19 Ottobre 2016 - 1:45

fantastico il termine “cino-milanesi” in neolingua politically correct..
E’ sempre un errore costruire all’intero delle proprie società grandi moltitudini di allogeni,perchè..oltre a rimanere come in questo caso CINESI per sempre (e giustamente direi io,una delle Civiltà più antiche e caratterizzanti del pianeta) alla fine aggregandosi fra loro tengono in perenne ricatto morale e politico i paesi ospitanti.
ps ma “CINO-qualcosa” non aveva un altro significato di ispirazione canina una volta,come ad esempio “cinofilo” ?

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Pino Rossi 21 Ottobre 2016 - 11:14

Il Dalai Lama, che ultimamente fa l’occhietto ai movimenti arcobaleno, va a braccetto con la cia e il dipartimento di stato usa. E’ un personaggio ambiguo, sfruttato e usato, in chiave anti-cinese, da chi immaginiamo bene.

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