Trapani, 24 ago – Nel 241 a.C. la sanguinosa battaglia delle Egadi, con lo scontro tra la flotta cartaginese e quella romana, segnò la fine della prima guerra Punica e il dominio di Roma nel Mar Mediterraneo, potenza dell’Impero confermata anche dalle successive due guerre concluse nel 146 a.C.. E che questa parte di specchio d’acqua tra Levanzo e Favignana, che con Marettimo formano l’arcipelago trapanese delle Egadi, fosse stato il teatro principale di questo scontro fu un’intuizione di Sebastiano Tusa, importante archeologo siciliano scomparso prematuramente, in un incidente aereo, nel 2019. Ad avvalorare questa tesi sono i nuovi ritrovamenti archeologici avvenuti nella giornata di ieri proprio nei fondali marini (a circa 80 metri di profondità) dell’isola di Levanzo.
Isole Egadi, gli straordinari ritrovamenti
La campagna di ricerche, che si sta svolgendo in questi giorni da un team formato dalla Soprintendenza del mare della Regione Siciliana, dalla statunitense RPM Nautical Foundation e dalla SDSS – The Society for Documentation of Submerged Sites, ha consentito il recupero di due rostri in bronzo denominati “Egadi 26” e “Egadi 27”. I rostri sono micidiali armi di distruzione che, applicati sulla prua delle navi da guerra, consentivano lo speronamento delle navi nemiche e il conseguente affondamento, e l’appartenenza sembra proprio essere romana riportando le lettere L F Q P in caratteri latini; a chi si chiede come mai vengano ritrovati rostri della flotta romana se ad essere sconfitta è stata quella cartaginese gli scienziati affermano che probabilmente i rostri, posizionati sulle prue con la funzione di incastrarsi nelle fiancate delle navi nemiche sfondandole, erano fissati con un sistema che ne facilitava lo sganciamento.
Inoltre sono stati recuperati: 15 elmi del tipo Montefortino, 20 paragnatidi (le protezioni per le guance e il viso dei soldati a corredo degli elmi), una spada, un centinaio di monete in bronzo e, per la prima volta in oltre vent’anni di ricerche, 7 monete in argento. Tutti i reperti sono stati trasferiti presso il laboratorio di primo intervento allestito presso l’ex Stabilimento Florio di Favignana e sono già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del mare. Da notare che a partire dai primi anni del 2000 e sino ad arrivare a ieri, in totale sono stati ritrovati 24 i rostri, 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, 2 spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore. Da alcuni anni, alle ricerche puramente strumentali condotte in collaborazione con la RPM, è stato affiancato le l’impiego dei subacquei altofondalisti della SDSS (The Society for Documentation of Submerged Sites) che hanno consentito, grazie alla specializzazione nelle ricerche in acque profonde, l’individuazione e il recupero di importanti reperti. Inoltre nella ricerca compiuta negli ultimi giorni è stata presente anche la nave “Hercules” e con le sue sofisticate strumentazioni di bordo, è stata fondamentale nel rintracciare queste importanti testimonianze relative all’episodio storico del III secolo a.C..
Emanuela Volcan