Legnano, 13 giu — Ci si sarebbe aspettato di tutto dalla sinistra, tranne una polemica pretestuosa, e fondata su motivazioni discutibili, circa l’opportunità di perpetuare il ricordo delle vittime di alcuni efferati crimini di guerra commessi a danno dei civili italiani durante il secondo conflitto mondiale: crimini che sono passati alla storia sotto il nome dolorosamente evocativo di “marocchinate”.
E pensare che fu una donna del Pci a denunciare le marocchinate
Eppure, a denunciare queste atrocità – circa mille omicidi e un numero assai elevato di stupri, violenze carnali, furti, atti di vero e proprio brigantaggio, soprusi di vario genere ai danni della popolazione civile dell’Italia centro-meridionale, e in particolare delle donne -, fu nel 1952 una deputata del Partito comunista italiano. L’on. Maria Maddalena Rossi, infatti, presentò quell’anno alla Camera un’interrogazione parlamentare sulle «donne di quella zona [il territorio in cui si svolse la battaglia di Cassino] che subirono violenza dalle truppe marocchine della V armata». Questa interrogazione, a sua volta, faceva seguito a una mozione di analogo tenore presentata all’Assemblea costituente da un altro politico della sinistra: il socialista Giovanni Persico.
I due convegni annullati
L’approccio di una certa parte politica alla storia deve essere davvero cambiato, dunque, se una questione sollevata in Parlamento, a fatti ancora “caldi”, dalla sinistra di allora, suscita oggi, nell’anno 2021, tra gli eredi di quella stessa sinistra, accuse del tutto infondate, ma tali da provocare l’annullamento di due convegni dedicati proprio alle “marocchinate”: il primo, in programma per l’11 giugno a Milano, che ha spinto il sindaco meneghino Sala a innescare la polemica; e il secondo, che si sarebbe dovuto tenere, il successivo 12 giugno, nella cittadina lombarda di Legnano.
La video intervista dell’associazione Gorgone
Proprio a Legnano, per protestare contro l’annullamento di una manifestazione apolitica cui avrebbe dovuto presenziare, come a Milano, lo storico Emiliano Ciotti, uno dei principali studiosi italiani delle “marocchinate”, l’associazione culturale «Gorgone» ha deciso di rendere partecipe la cittadinanza e l’opinione pubblica di quanto è accaduto. Di fronte al locale in cui si sarebbe dovuta tenere la conferenza, due esponenti dell’associazione, in presenza di alcuni cittadini e nel rispetto delle regole di distanziamento in vigore, hanno registrato una video-intervista sul tema, al fine di illustrare le ragioni della protesta e, soprattutto, di confutare le accuse indebitamente mosse ai promotori del convegno.
Si è dunque inteso ricapitolare i passaggi fondamentali che avrebbero dovuto essere trattati, con maggior dovizia di particolari, nel corso dell’incontro, presentando innanzitutto le iniziative e le pubblicazioni organizzate e curate dall’Associazione nazionale vittime delle “marocchinate”, di cui è presidente il già menzionato Ciotti. È quindi stato riassunto il contenuto di due saggi opera dello stesso autore, puntigliose ricostruzioni di due vicende del secondo conflitto mondiale – trascurate, se non a volte dimenticate, da gran parte della storiografia ufficiale – che videro gli italiani nel ruolo di vittime e i francesi nel ruolo di carnefici: le “marocchinate”, appunto, e le sevizie inflitte ai militari detenuti nei campi di prigionia alleati.
“Marocchinate” non è un termine razzista
Dopo un accenno al ruolo ambiguo svolto dalla Francia nell’ultima guerra, necessario a ricordare che, nei due casi sopra riportati, i crimini a danno degli italiani furono commessi da truppe agli ordini della «Francia libera» (il governo in esilio del generale De Gaulle, schierato a fianco degli Alleati), il discorso è entrato nei dettagli sulla questione delle “marocchinate” e delle reazioni suscitate dal ricorso a questo termine. Gli esponenti della «Gorgone», infatti, hanno ricordato che l’espressione “marocchinate” è entrata nell’uso in tempo di guerra ed è stata poi accolta nel lessico storiografico.
Essa, inoltre, non ha affatto una connotazione razzistica, come qualcuno ha voluto insinuare, perché allude al puro e semplice fatto, documentato dalle fonti e dalle testimonianze, che i principali responsabili delle violenze commesse in Italia furono le truppe coloniali arruolate dai gollisti in Marocco (sebbene sia documentato almeno un caso di violenza carnale commesso da militari francesi europei). “Marocchinate” è tra l’altro una parola che, in origine, indicava piuttosto le donne vittime delle sevizie dei goumiers, tanto da ritrovarsi anche nell’intervento dell’on. Rossi, nel punto in cui la deputata comunista alludeva, testualmente, alle sofferenze di «queste donne cosiddette “marocchinate”».
La vera colpa è del comando militare francese
Nessun razzismo, dunque, se non nella immaginazione dei “contestatori”, al punto che si è voluto precisare che la responsabilità dei crimini ricade, più che sui goumiers – reclutati tra popolazioni i cui costumi guerreschi tradizionali erano lontani dalla sensibilità europea moderna – sul comando militare francese, che concesse alle truppe coloniali la licenza di accanirsi barbaramente contro la popolazione civile.
Un tema scomodo
Perché allora bollare, come prima di Sala aveva fatto un parlamentare del Partito democratico, in occasione della giornata di commemorazione delle vittime delle “marocchinate” del 18 maggio a Potenza Picena, le conferenze milanese e legnanese come «sceneggiate propagandistiche di stampo razzista» o «provocazioni dal sapore di razzismo»?
Gli esponenti della «Gorgone», senza voler entrare nel merito delle ragioni alla base di accuse tanto infondate, né delle motivazioni addotte per contestare la legittimità delle due conferenze, hanno rammentato che forse, per certa sinistra, la vicenda delle “marocchinate”, come quella delle foibe, rappresenta un tema tuttora scomodo, suscettibile di rimettere in discussione cliché consolidati sulla seconda guerra mondiale: l’apologetica della resistenza, nel caso delle foibe: la retorica degli Alleati “liberatori”, in quello dei crimini delle truppe franco-coloniali.
Il ricordo è doveroso
Questa sinistra dunque, anche in tale occasione, si è dimostrata, oggi più che in passato, refrattaria alla costruzione di una memoria storica condivisa da tutti gli italiani. I convegni sulle “marocchinate” sarebbero stati un’occasione per diffondere tra il pubblico la conoscenza di quei tragici eventi, e anche per tributare il giusto omaggio alle donne, ai bambini, agli anziani delle terre italiane investite dalla furia dei goumiers. Chi ha cercato di presentare due incontri di carattere storiografico come manifestazioni di idee razzistiche o sciovinistiche sappia che ha completamente sbagliato il bersaglio. Il ricordo degli italiani vittime della violenza di guerra, soprattutto dei civili non coinvolti nelle operazioni militari, è doveroso per una comunità nazionale degna di questo nome.
E la storia, poi, deve essere raccontata tutta, inclusi gli episodi che possono risultare sgradevoli a coloro che ancora guardano al passato attraverso le lenti deformanti del pregiudizio ideologico e dell’astio di fazione. È anche questo il messaggio che oggi, a Legnano, si è voluto lanciare con forza.
Corrado Soldato
3 comments
Vabbeh ma la lombadia è la terra del ricchionismo e dei radicl shitz a tutto tondo , ignoranti assurdi e recidivi! Questi sinistrati sono come i taliba sui social dalle loro camerette attuano forme di repressione tipiche dello squadrismo bolscevico delle GRU, nulla di nuovo
1) Mi sembra ci sia un contro-senso tra questa affermazione:
« […] i principali responsabili delle violenze commesse in Italia furono le truppe coloniali arruolate dai gollisti in Marocco […] »
E quest’altra:
« […] la responsabilità dei crimini ricade, più che sui goumiers […] sul comando militare francese,[…] »
N.B.: i goumiers non furono tutti marocchini: le truppe erano composte anche da senegalesi, tunisini e algerini.
Fortunatamente non tutti gli italiani sono stati passivi con i goumiers.
Vi furono anche casi di giustizia sommaria e di linciaggi ed i malcapitati furono proprio i goumiers che se la videro brutta contro contadini e pastori.