Rovigo, 27 nov – Lavorare in Amazon rende gli umani dei robot? Così sembra emergere da una inchiesta di Tpi che ha interrogato i lavoratori del colosso di Jeff Bezos dello stabilimento situato sul confine tra San Bellino e Castelguglielmo, due Comuni a poco più di venti chilometri da Rovigo. Aperto il 21 settembre scoro, comprende circa 220 posti a tempo indeterminato, secondo l’azienda.
“Lavorare in Amazon rende robot”
In questo stabilimento Amazon, i lavoratori diventerebbero robot: secondo chi vi lavora, i ritmi di lavoro sono molto simili a quelli di una catena di montaggio stile Ford, con passaggi obbligati e automatizzati, e la valutazione viene misurata matematicamente. Una cosa che negli anni ’70 ha generato capolavori cinematografici come La classe operaia va in Paradiso. Secondo una rappresentante della Cisl di Padova, sebbene nel sistema “una parte è già robotizzata, e per quanto le persone siano già adesso trattate da robot umani, arriveranno a robotizzare tutto”.
Amazon, lavorare sì ma controllati sempre
Secondo Gianni, ex somministrato (ovvero con un contratto a tempo determinato che non diventa mai indeterminato perché ogni stabilimento Amazon in Italia è considerato “start up”) in Amazon “Non voglio vederti fermo”. “In questo periodo, sotto Black Friday, ci dicevano spesso di fare veloce”, ricorda l”ex lavoratore Amazon, “e nelle riunioni di team building il mio lead ci spronava, esortandoci una volta anche a un bel ruggito collettivo. Ne è uscito un miagolìo”. Ciò che emerge dalla testimonianze è che la gestione del personale è asfissiante: “Sei al di sotto della media, mi hanno avvisato una volta”, racconta Carla, un’altra lavoratrice Amazon.
Amazon smentisce: “Ascoltiamo i nostri dipendenti”
Amazon tuttavia smentisce queste ricostruzioni riportate da Tpi: “Non esiste nessun meccanismo denominato anytime feedback. Abbiamo diversi canali per ascoltare e rispondere ai nostri dipendenti, in modo che possano esprimere costantemente e apertamente la loro opinione, e farci avere dei feedback che ci permettano di migliorare il contesto lavorativo”. Un altro lavoratore, però, testimonia che il controllo dei lavoratori di Amazon è, a tutti gli effetti, inumano, e arriva sotto forma di biglietti di segnalazione: “In uno ho letto che avevo usato correttamente il transpallet. Una volta hanno segnato che non avevo indossato la mascherina dopo essermi alzato per prendere l’acqua in mensa, durante la pausa di 35 minuti, ma poi, quando dopo sono stato attento a metterla, me lo hanno segnalato, come a dire: bravo, hai imparato la lezione”.
“Torno a casa piegata dal dolore”
Per lavorare in Amazon, inoltre, a quanto emerge non si viene quasi mai direttamente assunti perché la società si rivolge ad agenzie: dopo un brevissimo corso formativo, con poche menzioni sulla sicurezza, i lavoratori imparano in realtà sul campo e spesso non vengono rinnovati, “senza spiegazioni, probabilmente perché ho un po’ di scoliosi e alla terza settimana mi avevano concesso di restare a casa due giorni causa mal di schiena, promettendomi che mi avrebbero cambiato incarico. Invece poi sono tornato dov’ero. Eppure l’idoneità fisica l’avevo passata”. E non vi sarebbe nemmeno un discrimine nell’assegnazione di compiti ai lavoratori di Amazon: una donna di mezza età dice che “lavori uguali vengono assegnati a donne e uomini, ma allora perché non prendere fin da subito soltanto maschi giovani? Senza contare che ad alcuni non viene mai fatta cambiare la mansione durante la giornata. Io torno a casa piegata dal dolore, vado avanti ad analgesici”.
L’ex lavoratore Amazon: “Ripreso per penna caduta”
Secondo le testimonianze dei lavoratori Amazon, inoltre, sono i più giovani tra i lavoratori Amazon spesso tendono all’eccesso di zelo per via dei feedback positivi: “A un mio ex collega era caduta la penna a terra, aveva lasciato un attimo il carrello ed è stato redarguito. Anche chi non c’entra direttamente con una data attività, se si accorge che qualcosa non va alla perfezione, si sente in diritto di segnalarlo”. E ancora: “Non puoi fare niente anche se in quel dato momento non c’è niente da fare, arrivano come falchi a fartelo presente”. E poi, ancora, turnazioni di fatto obbligate, e lavoratori specialmente del mezzogiorno per i quali Amazon diventa la vita nonostante il lavoro alienante, che farebbe a tutti gli effetti diventare gli esseri umani parte di una catena di montaggio proprio come un robot. Forse, l’ennesima distopia che nel 2020 diventa realtà.
Ilaria Paoletti
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La filosofia del “uomo usa e getta”, non ha mai portato bene. I maestri dei tempi e metodi, ergonomia applicata, massimizzazione del profitto… l’hanno capito a suo tempo. Ma gli errori sono ciclici, il tempo cancella e tutto torna. Con un uomo reso più debole.
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