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Incidente di Corato: quali sono le responsabilità di Stato e Regione?

by Filippo Burla
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ferrovie disastro pugliaRoma, 13 lug – In che stato sono le nostre ferrovie? L’incidente di Corato, sulla linea Bari-Barletta gestita dalle Ferrovie del Nord Barese, riaccende i riflettori su un settore, quello delle strade ferrate, che, salvo un ritorno di fiamma molto recente, non ha mai avuto negli ultimi anni adeguata attenzione rispetto a quelle che sono sia i suoi bisogni che soprattutto le sue potenzialità.

La correlazione che lega il capoluogo pugliese alla città della disfida non è, in Italia, l’unico segmento ferroviario a binario unico. La Puglia, da parte sua, non rappresenta nemmeno un “esempio in negativo” in merito a tali tratte. Al 31 dicembre 2015, le tratte con un solo binario rappresentano il 55% del totale, con percentuali che salgono fino a sfiorare il 90% nel sud e nelle isole. Abbastanza per far insorgere più di qualche rischio legato alla sicurezza della circolazione, mitigato dall’installazione di sistemi di controllo automatici che nel meridione superano la media nazionale (oltre l’80% rispetto al 70%), con eccezioni al rialzo come la Calabria – che stacca un lusinghiero 100% – e al ribasso come, appunto, la Puglia, dove questi sistemi coprono solo il 68% della rete.

Meglio non va per il sistema nazionale, perché in Italia i km di linee ferroviarie sono 28.3 per ogni 100mila abitanti, contro i 44 della media europea, i 50 della Germania e gli oltre 100 dei paesi nordici. Meglio di loro facciamo, invece, se si guarda alla sola presenza di linee a doppio binario elettrificate, dove vantiamo un primato già da inizio novecento, dovendo all’epoca fare di necessità virtù causa l’assenza di carbone a buon mercato: 12.5 km ogni 100mila abitanti, sufficienti per superare Spagna, Regno Unito e Finlandia. La conformazione geografica della penisola certo non aiuta certamente, ma allo stesso tempo a mancare sono gli investimenti. Nella tratta pugliese ora nell’occhio del ciclone, a titolo di esempio, per il raddoppio dei 70 km della linea erano anni che si aspettava, con decine di milioni di fondi già stanziati dal 2007 ma ad oggi ancora non spesi. Ci sarà bisogno dei 27 morti e 50 feriti per accelerare i tempi?

Altro discorso è poi quello della gestione dei tratti locali. Qui il sistema, da unitario com’è sulle relazioni nazionali, si fa frammentato: sono 62 le linee in concessione, ciascuna delle quali assegnata a società di tutti i tipi, da quelle totalmente pubbliche alle miste a quelle in mano esclusivamente a soggetti privati, come nel caso della Ferrotramviaria spa incaricata dell’esercizio delle ferrovie nell’entroterra barese. La concessione risale al 1937, ma nonostante la rendita di posizione gli investimenti non mancavano: i treni coinvolti nell’incidente erano un Alstom Coradia ed uno Stadler Flirt, rotabili di età compresa fra gli 8 e i 12 anni, decisamente più bassa rispetto a quella delle carrozze, motrici ed elettrotreni che circolano nel mezzogiorno. Al più, qualche responsabilità è sicuramente da individuare nei meccanismi di controllo, intesi non come sicurezza intrinseca (su ciò le responsabilità del segnalamento andranno investigate) bensì come sistema nel suo complesso, che ad oggi è diviso fra due diversi soggetti incaricati delle verifiche: da una parte l’agenzia nazionale Ansf, competente per i 16.700 km gestiti da Rfi del gruppo Ferrovie dello Stato – i cui standard di sicurezza sono elevatissimi – mentre dall’altra abbiamo l’Ufficio speciale trasporti ad impianti fissi, diretta emanazione del ministero delle Infrastrutture. L’unificazione fra i due era come il raddoppio della linea: prevista, ma ancora non eseguita. In Italia, insomma, si viaggia a due velocità non solo in termini di tachimetro ed efficienza, ma anche di regole.

Lo spezzettamento del sistema fa il paio con la carenza di investimenti, che fanno arrivare al mezzogiorno solo le briciole: fu clamoroso quell’1.2% riservato al sud nel 2014, ma anche negli anni successivi la situazione non è granché migliorata, in considerazione anche del fatto che gli annunci del ministero sono pressoché sempre, cronicamente senza coperture se non parziali. In più, non va dimenticato che la competenza sul trasporto pubblico locale è delle regioni, che stipulano con le società contratti di servizio per lo svolgimento dello stesso, in quanto rivestito di interesse generale per la collettività. Non è un mistero che le regioni siano centri di inefficienza, in clamoroso ritardo con i pagamenti tanto che più volte Trenitalia ha annunciato, per potenziare il servizio, nuove commesse in totale autofinanziamento data l’assenza dei dovuti contributi pubblici. Un conto però è la società del ministero, che ha fonti di reddito diversificate alle quali può attingere. Un altro paio di maniche invece le spesso piccole realtà del territorio, che di quei fondi malgestiti dalla politica locale campano o dovrebbero campare. Non vale, in ultimo, il raffronto con l’alta velocità, in quanto si tratta di due progetti diversi ma complementari, per cui non è del tutto corretto dire che si sottraggono risorse a vicenda. Alta velocità e treni regionali sono parte di un sistema che dovrebbe (e può) essere unico, ma che risulta invece frammentato: se proprio si vuole indagare sulle malversazioni, si butti l’occhio sui capoluoghi di regione. Non dentro ai Frecciarossa.

Filippo Burla

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1 commento

Andre 14 Luglio 2016 - 6:15

Le Boldrini e le Boschi andranno anche a questi di funerali o no ?
Non credo, non è alla moda, sono solo italiani morti su due treni che viaggiavano sullo stesso binario, l ‘unico esistente, grazie ad uno stato assente e a enti parassitari come le regioni sempre governati da democratici o addirittura da moderni papà improbabili.
Niente razzismo, solo cialtroneria, clientelismo e malaffare.

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