Firenze, 12 gen – Era un capannone dove trovavano riparo un’ottantina di immigrati, per lo più di origine eritrea, etiope e somala, quello andato a fuoco ieri sera a Sesto Fiorentino, a pochi chilometri fuori Firenze. A generare l’incendio cause accidentali, forse un fornelletto utilizzato per riscaldarsi o un corto circuito, la dinamica non è ancora chiaro. Finora l’unica certezza è che un immigrato somalo di 35 anni è morto, dopo il trasporto all’ospedale fiorentino di Careggi. Inutili i tentativi di rianimarlo, mentre altri due immigrati sono rimasti intossicati ma nessuno è in pericolo di vita. L’edificio, un ex mobilificio Aiazzone oramai abbandonato, è stato perlustrato in lungo e in largo dai vigili del fuoco, in cerca di persone rimaste intrappolate fino alle 2 di notte. Numeroso il dispiegamento di mezzi, visto che i vigili del fuoco sono intervenuti con 27 unità e 9 veicoli antincendio.
Fuori dal capannone è stato allestito un punto medico avanzato gestito dal 118 e dalla protezione civile, con annessa distribuzione di coperte, cibo, bevande calde. Sul posto è arrivato anche il sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi. Quella del capannone di via Avogadro 15 è una situazione emergenziale che va avanti da anni. Un anno fa, nel gennaio 2016, le forze dell’ordine erano intervenute per uno sgombero ordinato dal prefetto. Allora lo stabile era occupato da circa 150 persone, principalmente immigrati clandestini (alcuni richiedenti asilo). Ci furono degli scontri per impedire lo sgombero e proteste con gente sdraiata in strada per impedire che le forze dell’ordine togliessero le centraline elettriche. L’edificio venne occupato per la prima volta nel 2014, da immigrati supportati dal Movimento di Lotta per la Casa (centri sociali). Una situazione di illegalità tornata alla ribalta con questa tragedia.
Davide Romano