Roma, 2 lug – Green pass, caos negli aeroporti di tutta Europa: rischio code fino a 8 ore al check-in. Al suo esordio, la certificazione verde per viaggiare liberamente nella Ue non funziona, anzi complica le cose. Codici Qr degli esiti negativi dei tamponi che non vengono considerati in accettazione. Test anti-Covid richiesti a un gruppo di passeggeri ma non ad altri su uno stesso volo. Moduli di localizzazione (“Passenger locator form”) compilati online per un Paese, ma solo su carta per un altro. Insomma, regna la confusione.
Green pass, caos negli aeroporti: altro che viaggiare liberamente
Ecco dunque che viaggiare in Europa diventa un problema, con ore di coda ai banconi dei check-in per via del green pass, della normativa dei vari Paesi, dei problemi tecnici. Le organizzazioni internazionali che rappresentano le compagnie aeree e gli aeroporti denunciano che tra i 27 Paesi membri Ue ci sono almeno dieci modalità di verifica di uno stesso certificato Covid digitale europeo. Altro che rilancio del turismo, insomma. La certificazione verde rischia di imbottigliare centinaia di migliaia di persone negli aeroporti.
Allarme Iata: si rischiano fino a 8 ore di coda
Dopo poche ore dall’attivazione del green pass, soltanto per il check-in i tempi richiesti sono aumentati del 500%, balzando a circa come 12 minuti a persona. “Ai valori attuali di traffico, ancora lontani da quelli pre-Covid, i passeggeri stanno perdendo in media un’ora e mezza in più in aeroporto, cioè il doppio del solito“, denuncia Willie Walsh, numero uno della Iata, l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree. Il problema è che quando i flussi torneranno al 75% dei livelli del 2019 – sono le stime della Iata – il tempo richiesto dall’ingresso al terminal fino all’imbarco potrà raggiungere le sei ore. Questo soprattutto per i controlli sanitari richiesti ai banconi dell’accettazione o ai controlli di frontiera. Agli stessi volumi del 2019, invece, si raggiungerebbero addirittura otto ore di fila.
La lettera ai 27 Paesi Ue per scongiurare il caos
Da qui l’allarme di Airlines for Europe, Airports Council International, European regions airline association e International air transport association, che hanno scritto ai capi di Stato e di governo Ue. In una lettera di quattro pagine lamentano la mancanza di coordinamento e i diversi approcci. “Con l’aumento del traffico passeggeri nelle prossime settimane il rischio di caos negli aeroporti europei è reale”, avvertono. Insomma, il green pass digitale sul cellulare o comunque il Qr code – che certifica che si è fatta la doppia vaccinazione, si è negativi al tampone o si è guariti dal Covid – invece di facilitare le cose, le complica. Perché la certificazione digitale non è ancora riconosciuta da tutti i Paesi. E in alcuni casi non può nemmeno essere verificata alla frontiera o al check-in. Questo perché o mancano i dispositivi di lettura (un problema presente anche in diversi scali italiani) oppure perché il test deve essere stampato.
Problemi con la compilazione del “Passenger locator form”
C’è poi un altro problema: la compilazione del “Passenger locator form”, il modulo di localizzazione digitale. L’Italia è l’unico Paese a prevederlo in formato digitale, gli altri Stati forniscono un foglio di carta da consegnare durante il volo agli assistenti di bordo. Oppure da mostrare al momento del check-in, procedura che aumenta inevitabilmente i tempi richiesti e quindi le code. Per questo le varie associazioni chiedono la massima digitalizzazione dei processi di verifica e di ridurre al minimo i disagi.
La richiesta: “Effettuare controlli solo nel Paese di partenza”
“L’unico modo per evitare enormi code e ritardi durante l’alta stagione estiva – si legge nella lettera – è implementare un sistema in base al quale sia il certificato di vaccinazione che i moduli per la localizzazione dei passeggeri vengono elaborati a distanza prima che il passeggero arrivi in aeroporto”. Altra richiesta, quella di effettuare controlli solo nel Paese di partenza e non all’arrivo. In generale, per snellire la procedura, esortano i governi nazionali “a gestire i dati sanitari e fornire attrezzature adeguate per controllare i codici Qr”.
Adolfo Spezzaferro