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La grande tristezza delle attrici che per fare carriera ricorrono all’aborto

by La Redazione
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aborto

Roma, 15 gen – Abbiamo visto più attrici passeggiare sul red carpet abbracciate ai loro figli – l’unico trofeo che vale la pena mettere davanti ai flash dei fotografi – che attrici brandire la statuetta del Golden Globe e anche Michelle Williams, alla prossima nomination, siamo certi, non terrà le mani sul totem ma nelle manine del figlio che tra poco metterà al mondo. Sì, il riferimento è al discorso pronunciato dall’attrice durante la recente consegna del premio, riguardo alla fortuna che hanno oggi le donne, (e pure lei) “di vivere in un momento della nostra società in cui esiste la possibilità di scegliere, perché come donne e come ragazze possono accadere cose (un figlio ndr) al nostro corpo che non sempre sono una nostra scelta”. L’endorsement è a favore dell’aborto, tappa ineluttabile, per l’autodeterminazione delle donne ed evidentemente necessaria anche alla carriera della Williams.

In risposta, la modella statunitense Leah Darrow, entrando in travaglio del suo quinto figlio ha così commentato: “I figli non riducono le opportunità nella vita di una donna ma le aumentano, perché i bambini non ci sottraggono i nostri sogni”. Un intervento necessario, ha aggiunto Leah, per offrire alle donne e alle giovani ragazze che ancora non hanno bambini, un’altra “visione” rispetto a una cultura dominante sempre più ostile alla nascita e all’infanzia, su cui pesano stigmi che rivelano piuttosto l’insofferenza verso quelle che optano per questa scelta. Può essere che nel mondo dorato di Hollywood l’aborto venga ritenuto come qualcosa di positivo ma non è vero che sia una scelta che non lasci prima o poi delle conseguenze. Che qualcuno dica poi alla Williams che “nel corpo non succedono cose” ma che una gravidanza avviene perché un uomo e una donna hanno fatto l’amore, di conseguenza se non si vogliono pargoletti tra i piedi è meglio attrezzarsi, solitamente con un farmaco estroprogestinico – la pillola.

Chiedimi se sono felice

Per le salutiste che ritengano quel sistema di controllo della gravidanza un reale pericolo di diffusione di cellulite sulle proprie cosce, volumi corredati da statistiche e studi scientifici che spiegano il funzionamento del corpo femminile. E’ evidente che questa competenza, tutta femminile, sia totalmente sconosciuta alla Williams nonostante amministri un patrimonio stimato in 145 milioni di dollari, perché altrimenti non avrebbe potuto pronunciare una tale banalità che invece denuncia la totale assenza dei “fondamentali” in materia di salute riproduttiva; conoscenza che aiuterebbe ogni donna a distinguere un periodo ovulatorio da una fase mestruale evitando di “rimanerci”, sensi di colpa successivi, e un notevole risparmio in spese sanitarie. Una baggianata spaziale poi quella di sostenere che le donne di questa società, avendo la possibilità di scegliere – abortire – siano più appagate, quindi felici.

Stando ai risultati di un’indagine compiuta a livello europeo solo il 22% delle italiane vede la presenza della felicità nella propria vita. La conclusione perciò va in conflitto con le tesi che troviamo nella stampa destinata a uomini e donne dove ogni giorno si racconta che solo le single e quelle senza figli possano dirsi veramente soddisfatte con inchieste che dimostrano che le zitelle sono felici e spensierate. Fa nulla se in Italia nel 2018 gli italiani hanno pagato 15 miliardi ad agenzie e siti specializzati per trovare l’anima gemella. In America hanno avuto il fegato di indagare e hanno scoperto ciò che temevano: più libertà, più sesso senza responsabilità, più lavoro, più soldi, più potere non ha giovato, le quote rosa non sono contente. O meglio, sono meno appagate degli uomini, soffrono maggiormente di depressione (il 4% degli uomini, il 7% le donne) e sono quelle che più utilizzano farmaci e psicofarmaci. Lo hanno scoperto Betsey Stevenson e Justin Wolfers stilando “The paradox of declining female Happiness”. Lo studio contraddice l’idea, molto diffusa e propalata su tutti i media, che ad un maggior peso delle donne nella società e nel lavoro corrisponda a una loro maggiore felicità.

La grande solitudine

Che cos’è la felicità? Secondo Albert Camus l’armonia tra l’uomo, o la donna in questo caso, e la vita che conduce. E tra gli elementi che portano armonia e appagamento in un individuo c’è l’avere dei figli e una famiglia, ovviamente la salute e un lavoro interessante e abbastanza denaro per soddisfare i bisogni; solo ultimamente, e non a caso, la stampa prezzolata cerca di convincerci che single è bello. Torniamo quindi al tema dell’aborto come opportunità per essere felici, liberarsi di un fardello che ostacola una carriera sulla rampa di lancio o ampliare la libertà di una donna. Nonostante l’evento venga classificato come qualcosa di positivo più spesso è una scelta che lascia quasi sempre delle conseguenze e la letteratura che racconta sofferenze postume e dolore sulla rinuncia ad un figlio è ampia nonostante si cerchi di parlarne il meno possibile. Quello che emerge, da qualsiasi angolazione si guardi la questione, è la più o meno grande solitudine in cui viene a trovarsi la donna in quel momento per varie ragioni: perché l’uomo è assente, o è uno sconosciuto e quindi impossibile da responsabilizzare o perché la legge li esclude dalla decisione che spetta, in ultimo, solo alla donna.

Antonietta Gianola

 

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1 commento

Milanese sociopatico 15 Gennaio 2020 - 9:43

Nel 2019 per certe persone, istruite (sic) e danarose l aborto non è una scelta. È un errore. Ma spiegarlo a chi si crede onnipotente perché ricco perche tanto se succede c è un rimedio è complicato.
Scopate con il preservativo e non rompeteci il cazzo

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