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Gli spaghetti al nero di seppia diventano “in camicia nera” e scoppia l’isteria antifascista

by La Redazione
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Roma, 3 feb – L’ossessione antifascista colpisce ovunque, anche in cucina. A scatenare gli isterismi della sinistra è il menù di “Al Colombo”, ristorante storico di Venezia vicino al teatro Goldoni, e in particolare dei suoi spaghetti al nero di seppia, chiamati spaghetti in camicia nera.

Il “caso” degli spaghetti in camicia nera

A raccogliere la segnalazione degli spaghetti “nostalgici” e in presunto odore di “apologia di fascismo”, è l’immancabile Paolo Berizzi. Il giornalista di Repubblica si traveste per una volta da critico culinario e racconta la storia di un medico di Ravenna, il quale trovandosi a Venezia decide di mangiare nello storico ristorante “Al Colombo”, salvo poi alzarsi inorridito dopo aver letto il nome del suddetto piatto, notando, non senza qualche malizia, come nella dicitura in inglese si legga spaghetti with cuttlefish in ink saucementre in quella italiana appunto “spaghetti in camicia nera”. Berizzi commenta con un laconico “cartoline dal Belpaese”. Quasi che tra i fornelli della cucina covi una nuova marcia su Roma. Ma anche qui, non si può evitare di notare la dimensione grottesca e ridicola di certo antifascismo.

Il proprietario: “Non voglio cambiare nome al piatto. È questione di libertà”

Quello che per le cassandre del sinistra in perpetua crisi di nervi sarebbe un pericoloso e indigesto richiamo al fascismo, è però solo un modo tipico nel veneziano di chiamare gli spaghetti al nero di seppia. Come conferma il proprietario del ristornante, Domenico Stanziani, “Non c’è alcun riferimento al fascismo, è semplicemente un piatto di spaghetti e il suo nome è così da quasi cinquant’anni”. E spiega: “Sono spaghetti resi scuri dal sugo, come se fossero rivestiti da una normalissima camicia nera, tutto qua”. Stanziani non si tira indietro e rimanda al mittente le critiche: “Non voglio cambiare nome al piatto, perché dovrei farlo? È questione di libertà, se la do vinta a queste persone creo un precedente”. Una vera e propria lezione di stile, che dimostra i pericoli e le ipocrisie di un antifascismo usato come clava, come strumento liberticida e di immotivata censura.

La Redazione

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