Milano, 30 gen – Gli avvocati penalisti milanesi, forse tardivamente, alzano la testa nei confronti del consolidato atteggiamento giustizialista e ben poco rispettoso del ruolo della difesa dentro e fuori le aule del Tribunale da parte di certa magistratura.
L’intervista di Davigo
Così, a seguito dell’ennesima esternazione sprezzante di Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite, la Camera penale di Milano ha chiesto formalmente che non fosse lui a rappresentare il Csm all’inaugurazione dell’anno giudiziario di sabato prossimo. Lo ha fatto con una lettera firmata dal suo presidente, Andrea Soliani, e dal segretario Matteo Picotti. Una presa di posizione forte, che prende spunto (solo in quanto proverbiale goccia che fa traboccare il vaso) dall’intervista rilasciata da Davigo al Fatto Quotidiano sulla riforma della prescrizione in cui, tra le altre cose, aveva sostanzialmente affermato che i legali contribuiscono a rendere i processi più lenti, ad esempio impugnando le sentenze anche quando non è necessario.
L’indignazione dei penalisti
Parole che hanno suscitato l’indignazione della Camera penale milanese in quanto “negano i fondamenti costituzionali del giusto processo, della presunzione di innocenza e del ruolo dell’Avvocato nel processo penale”. “Tali dichiarazioni pubbliche da parte di un magistrato – si denuncia – sarebbero di per sé gravi, ma diventano inaccettabili se pronunciate, come nel caso del Consigliere Davigo, da un magistrato che riveste l’alta funzione istituzionale di Consigliere del Csm”. Nella lettera i penalisti milanesi valutano come una “inopportunità istituzionale” la presenza di Davigo sabato, alla luce delle “posizioni ideologiche pubblicamente manifestate” dal magistrato, tra cui “solo esemplificativamente, le ultime” nell’intervista al Fatto del 9 gennaio.
La giunta nazionale delle Camere penali
A dare man forte ai colleghi meneghini è scesa in campo anche la giunta nazionale delle Camere penali con una nota dai toni molto duri: “È del tutto chiaro a chiunque – si legge – che il problema si è creato solo perché da tempo il predetto magistrato si produce in esternazioni che per forma e sostanza superano ogni limite di accettabilità, anche e soprattutto in funzione della sua carica di Consigliere del Csm”.
Persino l’M5S prende le distanze
Un presa di posizione che il Consiglio superiore della magistratura non ha affatto gradito, tanto che il suo Comitato di presidenza ha replicato, sempre in forma di missiva, dichiarando “irricevibile” la richiesta su Davigo “sia per i suoi contenuti, volti a sanzionare la libera manifestazione del pensiero, sia perché irrispettosa delle prerogative di un organo istituzionale”. “Stupisce che venga proprio da una associazione di avvocati – si legge nel testo – la richiesta di censurare la libera manifestazione del pensiero”. Anche il laico in quota Movimento 5 Stelle, Fulvio Gigliotti, prende “pubblicamente le distanze da un simile invito” manifestando “il più fermo rigetto della sollecitazione ricevuta”. Alla risposta si sono accodati pure il Coordinamento di Area (il gruppo delle toghe progressiste) e Autonomia e Indipendenza, la corrente dell’ex pm.
Impunità ovunque?
A tanti penalisti, gli stessi che si dicono sgomenti dinanzi al livello di competenza in materia di giustizia del ministro grillino Bonafede, è sembrato in questi giorni che qualcuno stia aprendo gli occhi. E che i vari Davigo, quelli che vedono “impunità” ovunque, magari potranno meno “impunemente” fare carne di porco del giusto processo e dello stesso Stato di Diritto.
Ilaria Paoletti
1 commento
Tolto pochi, il livello di sudditanza degli avvocati è da tempo innegabile ed è giunto forse ad un punto così basso da comportare un rimbalzo, sostenuto dalle nuove “leve legali”.