Milano, 10 apr – Claudio Giardiello voleva vendicarsi di chi lo aveva portato al fallimento. E’ per questo che, ieri, l’ex immobiliarista ha fatto fuoco all’interno del Palazzo di Giustizia, uccidendo il magistrato Fernando Ciampi -giudice fallimentare fino a febbraio 2013, poi passato alla sezione proprietà intellettuale e diritto d’impresa- l’avvocato Alberto Claris Appiani e Giorgio Erba, amministratore della Cisep, piccola società finita anch’essa nel mezzo dei vari crac che vedevano Giardiello imputato. Sul campo rimangono pure due feriti: il nipote del killer, Claudio Limongelli, e il commercialista Stefano Verna.
La vicenda di Giardiello è una storia fatta di liquidazioni, fallimenti, ipoteche e pignoramenti. Imprenditore immobiliare dal lontano 1985, è stato socio di numerose società, tutte risultate infine cancellate dai registri delle imprese. Nel 2008 era stata dichiarata fallita -proprio da Ciampi- l’immobiliare Magenta, quattro anni più tardi la Leonardo. Nel corso degli anni, inoltre, a suo carico si sono accumulate ipoteche per quasi 500mila euro. Giardiello sosteneva continuamente la sua innocenza, attribuendo le responsabilità agli amministratori e agli altri soci. Probabilmente per questo è stato arrestato a Vimercate: secondo i Carabinieri era in procinto di recarsi a Carvico (provincia di Bergamo) per regolare i conti con Massimo D’Anzuoni, che solo per una casualità non era presente nell’aula dove si sono consumati i primi due delitti.
Intanto, si aprono le discussioni sulle mancanze nei sistemi di sicurezza. Come mai Giardiello ha potuto entrare armato nell’edificio del tribunale? Stando alle prime ricostruzioni, sarebbe entrato da un ingresso laterale sprovvisto di metal detector (guastatosi dieci mesi fa e mai riparato), nel quale è stato così creato un accesso rapido per i professionisti che possono entrare mostrando solo un documento come il tesserino falso prodotto dal triplice omicida. Polemiche anche sulle tempistiche di intervento della vigilanza dopo la prima sparatoria: Giardiello ha avuto tutto il tempo di attraversare buona metà dell’imponente struttura, recarsi nell’ufficio di Ciampi, commettere il terzo omicidio per poi uscire di nuovo attraversando la stessa porta dalla quale era entrato, dileguandosi.
Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha parlato di “un insieme di errori gravi”, mentre per il premier Renzi ha posto l’accento sulle “falle evidenti”.
Filippo Burla