Roma, 23 mag – Che il rapporto tra Gabrielli e le ormai famose barriere montate all’Olimpico sia a dir poco complicato non è una novità. Tra interviste dove dichiara la volontà di togliere, interviste dove dichiara la necessità di mantenerle e interviste dove dichiara che in fin dei conti ci stanno pure bene la posizione dell’ ex prefetto e attuale Capo della Polizia non è mai chiarissima. L’ultima piroetta è di un paio di giorni fa, con un’intervista dove celebra il tutto esaurito dell’Olimpico in occasione della finale di Coppa Italia Milan-Juventus, dopo un anno horribilis in termini di presenze. 21 mila spettatori di media per la Lazio, 35 mila per la Roma. “Finalmente lo stadio Olimpico pieno? Avete visto, anche con le barriere… Sono felice che sia così. È la dimostrazione che allo stadio si può andare tranquillamente” è la dichiarazione poco prima del calcio d’inizio.
Il problema è nella sintassi. L’Olimpico non si è riempito grazie alle barriere, l’Olimpico si è riempito nonostante le barriere. Che è ben diverso. Ma soprattutto bisogna chiarire un concetto che i tifosi hanno più volte cercato di far passare: i divisori in sè non sono il problema, ma sono uno dei problemi che ha portato al congelamento del tifo caldo nella capitale. Andiamo a chiarire questo concetto. Per l’iniziativa “Di padre in figlio” (organizzata dai tifosi della Lazio) che si giocherà stasera ci saranno 50 mila presenti e la curva nord si preannuncia sold-out. Anche per “Voi siete leggenda” ( organizzata da Vincent Candela, ex giallorosso ) la Curva Sud era piena in ogni ordine di posti. Ed in entrambi gli eventi i divisori erano montati.
Il montaggio di questi divisori non sono state altro che la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un vaso che era già stato abbondamente riempito, come faceva notare Xavier Jacobelli dalle colonne de Il Corriere dello Sport già a dicembre. “La desertificazione dello stadio in campionato non è stata causata solo e soltanto dalla segmentazione prefettizia della Curva, fattore scatenante della protesta popolare. C’è dell’altro. C’è ben altro”. E basta dare un’occhiata al sito gestito dall’avvocato Contucci (http://www.asromaultras.org ) per vedere che l’elenco del ben altro è lungo. Il divieto di esporre gli striscioni sulla vetrata, il divieto di far entrare tamburi e megafoni. Regolamenti cervellotici per esporre le coreografie. Multe e convocazioni in questura per chi occupasse un posto diverso da quello segnalato sul biglietto. Perquisizioni asfissianti. Misure repressive che per la finale di Coppa Italia sono andate nel dimenticatoio (fortunamente) e hanno permesso che l’Olimpico fosse effettivamente in festa. Nonostante le barriere, non grazie a quelle.
Stefano Casagrande