Roma, 24 set – Se sei un italiano emigrato in Germania e, dopo aver perso il lavoro, gravi sulla casse statali tedesche, l’accogliente Merkel ci metterà dai 3 ai 6 mesi per dirti «Auf Wiedersehen!». In Gran Bretagna, invece, potrebbero dirti «Goodbye!» prima ancora di entrare: il primo ministro Theresa May sta infatti pensando di introdurre un blocco per gli immigrati Ue che vogliono trasferirsi nel Regno Unito ma non hanno un lavoro. Per le stesse ragioni, il Belgio ogni anno dice a qualche migliaio di cittadini Ue «Au revoir!» (o l’equivalente in fiammingo). Se invece sei un albanese senza lavoro e te ne stai in Italia a fare nulla, ci sarà sempre un giudice pronto a dirti: «Prego, si accomodi, e porti pure chi vuole».
Sì, è ufficiale, siamo davvero la terra dei cachi, il posto dove ognuno, arrivato da chissà dove, può fare quello che gli pare. La fessura che rischia di far crollare il già fragile muro che ci separa da un’invasione totale e incondizionata lo ha aperto un magistrato di Modena, che per la prima volta in Italia ha sdoganato la possibilità del ricongiungimento familiare anche per gli immigrati senza lavoro che vogliano farsi raggiungere da parenti, anch’essi senza reddito. La notizia viene dalla Gazzetta di Modena e racconta di una 22enne albanese, studentessa e figlia di immigrati regolari, che ha pensato bene di farsi raggiungere in Italia dal suo fresco sposino, albanese anch’egli. L’uomo, però, non ha lavoro e non ha possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, quindi può restare in Italia solo per un periodo limitato. Mossa dal sacro fuoco dell’amore, tuttavia, la ragazza ha presentato alla questura di Modena la pratica «per coesione familiare», in modo da far restare in Italia il marito e così regolarizzarlo. Richiesta respinta, perché lui non ha un lavoro e lei neanche, visto che studia e non ha entrate. Da qui il ricorso al Tribunale Civile, inaspettatamente vinto dagli sposini albanesi.
Ma come è possibile, dato che la legge prevede la certezza di un mantenimento? Secondo il magistrato, la legge prevede di considerare «anche il reddito annuo complessivo dei familiari». Non ce ne vogliano i due piccioncini albanesi che, grazie al cuore tenero del solito magistrato, hanno potuto coronare il proprio sogno d’amore, ma il problema è il principio che in questo modo viene affermato: le già ridicole norme italiane sull’espulsione e sulla selezione all’ingresso dei nuovi arrivati vengono in questo modo bellamente aggirate. Un vero e proprio invito all’invasione. E anche una generosa pacca sulla spalla a tutti quegli stranieri che, secondo una certa retorica, starebbero qui per pagarci le pensioni e fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma che sempre più spesso vediamo invece bighellonare nelle nostre città.
Secondo dati del ministero del Lavoro risalenti a un anno fa, gli immigrati disoccupati in Italia sarebbero 466mila, tra comunitari (139mila) ed extra-Ue (327mila). Quasi mezzo milione di persone a cui è davvero difficile applicare gli stereotipi buonisti sulle «risorse» indispensabili per la nostra economia. Persone che fino a oggi rischiavano almeno l’espulsione, sia pur nei termini ridicoli con cui avviene in Italia l’allontanamento degli immigrati senza requisiti. Di questo passo, però, le cose cambieranno presto, basterà trovare un parente che lavori o faccia finta di farlo. E ancora una volta, a trasformare la società italiana ci penserà la decisione arbitraria di un magistrato e la sua interpretazione creativa del codice.
Adriano Scianca