Bologna, 9 mar – Profughi del centro d’accoglienza che rivendicano il loro sacrosanto diritto di andare in discoteca, portandosi dietro possibilmente un coltello. Accade a Bologna, dove per far fronte all’esuberanza, chiamiamola così, degli extracomunitari, una discoteca del centro, l’Arterìa, ha deciso di applicare l’apartheid all’ingresso.
A riportare la notizia è il quotidiano Repubblica. Che descrive così la scena all’entrata del locale: da una parte una fila per i bianchi, dall’altra una per i neri. Con la prima che scorre molto più veloce della seconda, che sembra anzi andare intenzionalmente lenta.
Una decisione drastica, presa dal locale dopo diversi problemi avuti con avventori giunti da un vicino centro profughi. Il locale è infatti uno dei pochi in centro a Bologna a non chiedere tessere all’ingresso, cosa che consentiva di entrare anche a chi è in attesa del permesso di soggiorno.
Spiega un buttafuori al giornalista di Repubblica. “Il weekend scorso abbiamo trovato un nero con un coltello nascosto nel giubbotto. Io capisco che sicuramente ci andranno di mezzo anche delle persone che non c’erano niente, anche dei bravi ragazzi. Noi non ci possiamo fare niente, per un po’ è così, non li facciamo passare neanche se sono accompagnati. Poi quando si saranno calmate le acque ricominceremo a farli entrare. Anche noi, come voi, vogliamo tornare a casa tutti interi la mattina, dobbiamo salvaguardare il locale e noi”.
Il titolare del locale, invece, smorza i toni: “Nessuna discriminazione etnica, al massimo sono state allontanate singole persone che hanno dato dei problemi. Certo, nell’ultimo periodo soffriamo molto per alcune situazioni legate alla convivenza con i ragazzi di colore, soprattutto i profughi dei centri di accoglienza, che talvolta hanno creato un po’ di disagi”.
La vicenda è stata commentata anche da Matteo Salvini sulla sua pagina facebook: “A Bologna i ‘presunti profughi’ protestano perché non li fanno entrare in discoteca. Non è uno scherzo, è tutto vero. Lo denuncia indignata Repubblica.it che titola ‘Apartheid in discoteca’, perché all’Arterìa chiedono i documenti. Poverini questi immigrati, gli paghiamo colazione, pranzo e cena, ma non lo sballo in discoteca… A casa!”.
Roberto Derta