Milano, 19 mar – «Quello che ora sappiamo con sicurezza è che ormai i numeri della Lombardia non significano più nulla. La situazione è fuori controllo, in senso etimologico». E’ questo il lapidario responso di Enrico Bucci, professore di Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia, che da settimane è impiegato nello studio dei dati relativi all’epidemia di coronavirus in Italia. Numero di infetti, guariti, deceduti, ospedalizzati gravi. L’intento è quello di fornire un modello interpretativo per tali numeri, una griglia previsionale che faccia luce sull’andamento del contagio e ne preveda gli sviluppi.
Lombardia: contagiati sottostimati
Un lavoro arduo, quasi impossibile in realtà come la Lombardia, dove le cifre, spiega il ricercatore a Repubblica, «sono ormai inutilizzabili. C’è un effetto saturazione che li falsa. Per chi, come me, fa questo tipo di analisi è meglio non prenderli in considerazione e concentrarsi sulle altre zone d’Italia». Ma non è tutto: le cifre lombarde, secondo Bucci e non solo, avrebbero smesso di aderire alla realtà da molti giorni. E’ ormai consuetudine, negli ospedali della regione, rimandare indietro moltissime persone con sintomi non gravi, senza nemmeno sottoporli a tampone. Moltissimi sono quindi coloro che vengono lasciati a “smaltire” la sintomatologia a casa, senza essere testate, sperando che il quadro non si aggravi. La macchina della sanità si attiva solo in quest’ultimo caso, previa chiamata al 118. A quel punto arriva il tampone, spesso in concomitanza di un ricovero in intensiva. Il numero di contagiati, quindi, è ampiamente sottostimato.
Stesso discorso per i decessi. Alcuni sindaci bergamaschi denunciano una stima errata anche per le morti. «Molti ormai muoiono a casa senza tampone e non nelle terapie intensive – spiega il ricercatore – quindi non risultano conteggiati come decessi per Covid-19 nei resoconti ufficiali. Per ogni morto in ospedale ce ne potrebbero essere due che sfuggono al controllo».
Previsioni impossibili su scala nazionale
Secondo Bucci, accantonata la Lombardia, è necessario «concentrarsi sui dati delle province e delle singole città» ed evitare di studiare il fenomeno a livello nazionale, che si presenta eterogeneo («Ci sono situazioni molto diverse a seconda delle aree geografiche del Paese, l’epidemia in Italia è a macchia di leopardo»); in ogni caso, scordiamoci i modelli matematici su scala nazionale. In virtù del fatto che i dati ufficiali sono completamente inaffidabili – dal momento che ogni regione esegue i tamponi con modalità differenti – «nessun modello matematico può fare previsioni» sul picco del Covid-19 in tutta la Penisola.
Cristina Gauri