Roma, 5 mar – Qualcosa sembrerebbe non tornare se si confronta il numero di contagi e decessi da coronavirus italiani con i dati di altri Paesi europei, Germania e Francia in testa. Secondo Matteo Bassetti, direttore della Clinica delle malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana terapia anti-infettive, esistono solo due opzioni: o vi è una sovrastima nei nostri numeri, oppure “qualcuno” in Europa sta facendo il furbetto, nascondendo l’entità del fenomeno entro i rispettivi confini.
Bassetti, intervistato da Adnkronos Salute, si è sfogato così: “Mi sto vergognando di quello che i dati stanno fotografando, ovvero che l’Italia sarebbe la peggiore d’Europa. Come è possibile? Se guardo altri Paesi come la Francia e la Germania c’è qualcosa che non torna sul numero dei decessi“. In Francia, per esempio, sarebbero stati registrati 285 casi e quattro morti. L’infettivologo non riesce a spiegarselo. E non è nemmeno l’unico a pensarlo. “C’è qualcosa che non mi torna. O i nostri dati sono sovrastimati, ovvero abbiamo messo nel calcolo dei decessi per coronavirus chi è morto anche e non per il coronavirus, o Francia e Germania non dicono la verità”.
Insomma, Bassetti crede poco al triste primato italiano del Covid-2019. E dà la sua possibile ricetta per uscire dall’emergenza: insistere sui malati gravi e stop ai tamponi a tappeto. “Se riusciamo ad affrontare questa emergenza come un’onda lunga il sistema può tenere. Questo vuole dire concentrarci sui positivi al coronavirus e sui pazienti gravi. Ora non è più il tempo di fare tamponi a tappeto”.
Il dottore bolla come “esagerata” e scelta meramente “politica” la decisione dell’esecutivo giallofucsia di chiudere le scuole fino al 15 marzo. “È stata una decisione politica e a mio parere esagerata, il comitato tecnico-scientifico non era completamente d’accordo”. E spiega il perché: “Attualmente sappiamo che i bambini sono meno colpiti, ma non sappiamo se possano essere dei vettori e portare il coronavirus in casa, dove ci sono nonni magari fragili. La scuola, come tutti sanno, è un ricettacolo di organismi patogeni e quindi, da un punto di vista epidemiologico, può avere un senso interrompere le lezioni, ma il nodo è per quanto tempo”.
Cristina Gauri