Roma, 23 apr — Ve la ricordate la coppia di turisti cinesi di Wuhan che il 30 gennaio del 2020 risultarono positivi al coronavirus — i primi due casi registrati in Italia da turisti — e vennero ricoverati allo Spallanzani di Roma?
I due, marito e moglie di 67 e 66 anni, erano arrivati il 23 gennaio all’aeroporto di Milano Malpensa, da dove si erano spostati per un tour nelle province italiane che aveva toccato, tra le varie destinazioni, anche il Veneto. Per approdare, infine, nella Capitale, dove i due erano erano risultati positivi al tampone dopo aver manifestato i primi sintomi della malattia. Per loro era scattato il lungo ricovero nel reparto di terapia intensiva dello Spallanzani. Fino alla guarigione, avvenuta più di un mese dopo.
La coppia di cinesi è il “paziente zero” di Vo’?
Ebbene, a distanza di un anno l’Università di Padova rende noto che il ceppo virale circolante a Vo’ Euganeo (Padova) a inizio pandemia — quello che determinò la zona rossa voluta da Crisanti — è identico a quello della coppia di turisti cinesi. Sarebbero loro quindi i «pazienti zero» del Veneto. Altro che «sono stati gli italiani in viaggio da e per Wuhan a portare il virus». Abitava proprio a Vo’ Adriano Trevisan, il 77enne prima vittima italiana della coronavirus. Il team di ricercatori diretti da Andrea Crisanti si dice sicuro del fatto che sia stata la coppia di cinesi a originare il primo cluster veneto emerso a inizio 2020. Perché proprio il Veneto figurava tra le prime tappe del loro tour nelle provincie italiane. E proprio lì sarebbero entrati in contatto con la persona che poi ha trasmesso il virus ai residenti di Vo’.
1 commento
Me li ricordo sì, ricordo come siano stati curati bene e come non si sia applicato lo stesso metodo per far guarire altra gente. Mi sono anche chiesto come mai, essendo evidentemente portatori di virus, non abbiano contagiato l’aereo o la navetta o il terminal, ecc. E continuo a chiedermi come mai questo contagiosissimo virus sia venuto dalla Cina direttamente in Italia senza scali intermedi.