Roma, 23 apr – Da oggi i coniugi potranno dirsi addio al massimo entro un anno. Ieri la proposta di legge sul divorzio breve, all’esame del Parlamento da quasi due anni, è diventata operativa. A Montecitorio i voti favorevoli sono stati 398, 28 contrari e 6 astenuti. A sostenere la maggioranza sono stati anche Forza Italia, Sel, Alternativa libera e Movimento 5 stelle. La Lega Nord, che si è invece dichiarata contraria, ha lasciato libertà di coscienza.
La prima novità della legge è nella tempistica. Fino a oggi lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio non potevano essere chiesti da uno dei coniugi, prima che fossero trascorsi tre anni di separazione. Questi 3 anni erano anche utili per far emergere eventuali ripensamenti. Con il divorzio breve il termine scende a 12 mesi per la separazione giudiziale, e a 6 mesi per quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli, minori o disabili che siano. Altra novità la decorrenza del tempo: non partirà dalla prima udienza di fronte al presidente del tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio. Nuove indicazioni anche sull’affidamento dei figli e il loro mantenimento: la sentenza del giudice varrà anche dopo l’estinzione del processo, fino alla sostituzione da un altro provvedimento emesso per ricorso. Ulteriori cambiamenti anche in merito alla comunione dei beni. Prima si realizzava solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, mentre con la nuova legge, la comunione dei beni si scioglie nel momento stesso in cui il giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento di sottoscrivere la separazione consensuale.
Infine c’è l’applicazione immediata: il divorzio breve sarà operativo anche per i procedimenti in corso. Questo significa che potranno fare richiesta tutti i separati del 2012, 2013, 2014 e, come osserva Giorgio Vaccaro, avvocato esperto in Mediazione Familiare: “Non essendo stata pensata nessuna norma ponte si rischia il blocco” e ancora “Ciò che appare esser sfuggito al legislatore è il fatto che l’immediata possibilità, per la numerosissima platea di coniugi “separandi” di presentare al proprio tribunale la domanda per il divorzio, comporterà, viste le attuali enormi difficoltà di smaltimento del lavoro ordinario dei tribunali (che nelle curie più grandi, fissano oggi per l’udienza presidenziale una data a sei mesi dal deposito della domanda) la contestuale, ovvia, paralisi degli uffici”.
Per i più questa legge consente al nostro Paese di adeguarsi alle normative europee e di rispondere alle esigenze dell’attuale società. Negli anni Settanta ci furono numerose battaglie in nome del divorzio con le manifestazioni dei radicali, dei socialisti e dei comunisti che approvarono la legge trovando l’opposizione di Dc e Msi. Solo nel 1987 i tempi del divorzio vennero ridotti da 5 anni a 3. Oggi, in nome del riconoscimento dei diritti civili si è passati da 3 a 1.
Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia: “Voto contro il ddl sul divorzio breve: no al matrimonio usa e getta soprattutto in presenza di figli. I bambini non sono un dettaglio: vanno tutelati sempre”. Per Famiglia Cristiana, in questo modo c’è il rischio di ridurre il matrimonio a “un patto elastico di convivenza che si può sciogliere con estrema facilità”. La senatrice Anna Finocchiaro dice che: “L’approvazione del divorzio breve è un altro passo importante per rendere l’Italia più europea, più giusta e più moderna. Tempi lunghi significavano più conflittualità all’interno delle famiglie con ripercussioni sui minori”. Barbara Pollastrini, del Pd scrive in una nota: “Il divorzio breve è legge dello Stato! Un passo importante nella civiltà del diritto, per il rispetto delle persone e della cultura del Paese”.
I diritti civili di ciascun attore coinvolto vengono davvero rispettati? In realtà il rischio sembra proprio quello di non riuscire a tutelare gli stessi diritti che al contrario sembrano aver incoraggiato la realizzazione di questa legge.
Infatti, i tre anni necessari per passare dalla separazione al divorzio non servivano solo ad accogliere possibili ritorni di fiamma, ma sostanzialmente permettevano ai genitori e ai figli di modulare le emozioni relative alla separazione. Inoltre permettevano al giudice, nelle separazioni giudiziali e perciò conflittuali, di richiedere una CTU (consulenza tecnica d’ufficio), necessaria per definire con quale genitore e con quali modalità si doveva procedere all’affidamento dei figli tutelando anche il diritto degli stessi a mantenere rapporti sani e soddisfacenti con entrambi i genitori. Ora si rischia di intraprendere una CTU e nel frattempo ritrovarsi ad essere già divorziati! Inoltre questo periodo di tre anni consentiva al coniuge più debole economicamente di mantenere, tramite l’assegno, una somma in suo favore mentre ricostruiva la propria autonomia economica. Questa tutela ora è stata tolta.
Tutto questo in attesa di inserire nel provvedimento la norma che è stata momentaneamente stralciata durante la discussione in senato, che prevedeva il divorzio immediato, cioè senza passare per la separazione.
Marta Stentella