Reggio Emilia, 28 giu – L’indagine sull’“onlus degli orrori” di Reggio Emilia e quella sui «diavoli della Bassa modenese» potrebbero essere collegate.
L’indagine si svolse tra 1997 e il 1998, due anni in cui gli inquirenti misero in piedi una teoria secondo la quale nelle cittadine di Mirandola e Massa Finalese c’era una specie di «setta satanica che violentava e uccideva bambini». Un primo bambino “denunciò” maltrattamenti e fu il via al suo allontanamento dalla famiglia. Da quel momento in poi, ben altri sedici furono i minori sottratti al loro nucleo famigliare. I processi che derivarono dalle indagini, stabilirono poi che non c’era prova di riti satanici o di omicidi, e le sentenze (tutte risoltesi in assoluzione per i genitori dei bimbi) dichiararono che «le erronee tecniche di interrogatorio dei bambini avessero surrettiziamente portato a far emergere falsi ricordi».
Foti, responsabile della onlus, al centro di “Veleno”
Sulla storia dei “dei diavoli della Bassa Modenese” Pablo Trincia scrisse un libro di inchiesta titolato “Veleno“. Già nella sua inchiesta molte aree relative agli interrogatori dei bambini da parte degli psicologi apparivano in chiaro scuro. E proprio ieri, Trincia ha twittato dal suo profilo questa frase: “La Procura di Reggio Emilia avrebbe appena sventato un secondo caso Veleno. Hanno arrestato Claudio Foti, responsabile del Centro Hansel e Gretel di Torino, lo stesso da cui provenivano le psicologhe che avete visto interrogare i bambini di Veleno. Foti aveva da tempo scritto contro di noi”. Foti aveva infatti difeso a spada tratta l’operato degli psicologi e assistenti sociali a lui sottoposti. Poco fa aveva promosso una petizione contro Trincia. Sempre ieri, il giornalista ha ricordato la “folle vicenda di Federico Scotta”, un uomo innocente che ha trascorso 11 anni in galera con l’accusa di essere un padre pedofilo affiliato ai “diavoli della Bassa”.
La storia di Federico Scotta
A Federico Scotta e a sua moglie nel 1997 vennero tolte le tre figlie biologiche, che avevano 3 anni, 6 mesi e, l’ultima – nelle parole del padre “qualche giorno di vita: era ancora in sala parto, era appena nata“. Scotta non ha mai più rivisto le figlie: nel 2000 è stato messo in carcere per essere poi scarcerato nel 2011. Nell’ottobre 2019 le accuse estorte dagli assistenti sociali difesi da Foti furono ritrattate. E, adesso, si celebrerà un nuovo processo, cui Scotta cercherà di ricostruire una vita distrutta.
Il processo – bis
“Il bilancio di quella storia deve far riflette tutti. Nessuno dei sedici bambini è più tornato a casa dai genitori: nel corso delle indagini, concluse nel 2014 con l’assoluzione della maggior parte degli indagati, una madre si è suicidata gettandosi dal quinto piano e un parroco, accusato ingiustamente, è morto di crepacuore” ricorda Scotta, oggi 46 anni. L’uomo, che non si è mai arreso, è riuscito ad entrare in possesso dei video degli interrogatori sui suoi e su altri bambini. Le deposizioni, che lui definisce “deposizioni indotte” sono quelle che hanno avvalorato la tesi della “setta sanatica”. “Le domande erano chiaramente suggestive e finalizzate a ottenere le risposte che avvalorassero una tesi precostituita” ricorda il padre di tre figlie perdute “ma totalmente priva di fondamento. Con questo sistema io e tante altre persone siamo stati incastrati“.
Ilaria Paoletti
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