Roma, 12 giu – Crescono le morti dei giovani sul posto di lavoro, secondo i dati incrociati di Inail e Istat e raccolti dal primo rapporto di Unicef Italia sul lavoro minorile, tra il 2017 e il 2021, sono stati 74 i ragazzi sotto i 19 anni a perdere la vita sul lavoro. In cinque anni il numero di morti e incidenti lavorativi è cresciuto tra i giovani in maniera preoccupante: tra le vittime la maggior parte di loro, 67, aveva un’età compresa tra 15 e 19 anni, gli altri 7 meno di 14.
Morti e infortuni sul lavoro
Durante questo arco di tempo, le denunce di infortunio presentate all’Inail da minorenni e giovani sotto i 19 anni sono state poco più di 352mila, tra le quali 223.262 riguardano i minorenni fino a 14 anni (erano 31.857 nel 2021 e 18.534 nel 2020) e 128.878 i ragazzi nella fascia di età 15-19 anni (erano 18.923 nel 2021 e 11.707 nel 2020). Il nord del Paese presenta le percentuali più elevate, con il Veneto che conquista il primato negativo per le giovani morti sul lavoro mentre, per quanto riguarda le denunce di infortuni sotto i 19 anni, si posiziona al terzo posto dietro a Lombardia ed Emilia-Romagna.
Sfruttati già dalla scuola
Più incidenti e più giovani morti, questo il bilancio del mondo del lavoro nel quale vengono catapultate le nuove generazioni. Uno scenario desolante, che, oltre all’insicurezza, propone instabilità, precariato e sfruttamento. Anche la scuola, luogo di formazione e di preparazione alla maturità, contribuisce a questa disfatta. I nomi di Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e Giuliano De Seta, studenti morti durante lo stage di alternanza scuola-lavoro, mostrano come la Legge 107, con la quale è stata introdotto il Pcto, non sia altro che un ulteriore prodotto dello sfruttamento del mondo del lavoro.
Andrea Grieco