Roma, 1 feb — Autocastrazione: non viene in mente altro termine nell’apprendere della nuova «battaglia» intrapresa dall’Associazione nazionale alpini contro la violenza sulle donne. Non perché siamo a favore della violenza sulle donne, sia ben chiaro, ma perché l’iniziativa dell’Ana appare come nient’altro che una mossa atterrita, un giocare d’anticipo per evitare che il Corpo, in vista dell’Adunata di Udine, venga nuovamente travolto dallo tsunami di polemiche, innescate l’anno scorso dalle femministe di Non una di meno, sulle presunte «molestie», mai verificate, delle penne nere a Rimini.
Così, gli Alpini sono costretti a pararsi il didietro prima che le transfemministe nostrane inizino, come l’ultima volta, a preparare il «terreno di coltura» a base di vittimismo e fobia social, creando un battage mediatico di colpevolizzazione del maschio italiano appartenente a un corpo militare — tacendo sistematicamente, al contempo, sui misfatti sessuali degli immigrati — per spingere il maggior numero possibile di donne a segnalare il singolo fischio per strada del sessantenne un po’ alticcio. Il risultato: centinaia di segnalazioni di presunte molestie, tutte cadute nel vuoto, tutte indimostrabili chissà quante frutto di «autosuggestione», ma che fanno «brodo» quando si tratta di demonizzare le penne nere, una denuncia archiviata e il più totale discredito mediatico gettato sul corpo che forse più di tutti si distingue da sempre per spirito di abnegazione ed eroismo.
Il sito degli Alpini per pararsi le terga
Ora dunque l’Ana, dopo mesi passati a difendere gli Alpini e giurare battaglia a chi ne avesse sporcato il buon nome, si para le terga apre la pagina online www.controlemolestie.it sensibilizzando singoli, associazioni di volontariato e aziende per arginare il fenomeno delle molestie. «Dopo Rimini abbiamo avviato», scrive l’Associazione nazionale alpini per mano del presidente Sebastiano Favero «una riflessione profonda anche sul tema dei comportamenti molesti». «Le molestie non sono complimenti non graditi. Non sono atti di goliardia», si legge nel sito. «Sono gesti malsani, apprezzamenti di natura sessuale rivolti in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso a una donna incontrata per strada o in un luogo pubblico, non più tollerabili».
Continua Favero: «Riteniamo che sia importante promuovere un cambiamento culturale che passi in primo luogo attraverso l’esempio: abbiamo avviato al nostro interno un progetto di sensibilizzazione attraverso cui i nostri associati sappiano riconoscere i comportamenti inadeguati e al tempo stesso si adoperino a sorvegliare in modo che tali comportamenti non vengano mai agiti, da nessuno». Il comunicato si conclude con la bacchettata ii 330 mila alpini iscritti alle 80 Sezione d’Italia: «Davanti a una manifestazione di inciviltà quali sono le molestie verbali non vogliamo tirarci indietro. Vogliamo essere parte della soluzione, non del problema». Quindi, a Rimini c’è stato un problema?
Per le femministe non sarà mai abbastanza
Non si capisce, dunque, se per amor di pace Favero stia sostanzialmente ritrattando e abbia implicitamente dato ragione alle femministe, suggerendo un uso fuori controllo della goliardia (noi continueremo a chiamarla così) da parte delle penne nere e riscrivendo dunque tali atteggiamenti goliardici come «abusi sessuali» e «violenze». L’Ana dorma sonni tranquilli: Non una di meno, con i dietrofront, le «ostentazioni di virtù» e le inginocchiate sui ceci preventive, non ci si fa nemmeno il bidet. Per loro non sarà mai abbastanza, nemmeno se tutto il corpo degli Alpini sfilasse con le mimetiche arcobaleno e dei caz*i di gomma al posto delle penne nere: per le emanazioni del liberal progressismo, le richieste di mettersi a 90 per onorare i dogmi woke non hanno praticamente fondo. Soprattutto se si tratta di riprogrammare degli uomini europei.
Cristina Gauri