Roma, 18 gen – Intervistiamo oggi Fabrizio Perotta, autore del libro Road to 1000 – Le mie finali, che racconta, in una sorta di viaggio iniziatico, le otto finali di Coppa dei Campioni (sì, la chiamerò sempre così) del Milan seguite dall’autore direttamente sulle gradinate di tutta Europa.
L’intervista a Fabrizio Perotta, autore del libro
Ciao Fabrizio, per prima cosa raccontaci un po’ di te e della tua passione per il calcio e per il Milan in particolare.
Buongiorno, per un bambino degli anni ’70 appassionarsi al calcio era qualcosa di inevitabile. L’oratorio e partitelle senza fine, che nulla avrebbe potuto interrompere. Anzi, in verità, qualcosa c’era: la radiolina. Grazie a quel rudimentale strumento tecnologico la domenica pomeriggio tutto si fermava [posso confermare che Fabrizio sia stato uno degli ultimi a portare la radiolina allo stadio persino nel terzo millennio, ndr]. Mio padre simpatizzava per il Milan ma nulla di serio, l’amore per i colori rossoneri credo sia nato come identificazione con la squadra della città a me più vicina. Milano era ovviamente Milan, il destino nel nome.
Passiamo ora del tuo libro: come è maturata l’idea di scriverlo? Parlaci anche del titolo, perché Road to 1000?
L’idea di scrivere un libro mi era venuta già da tempo, per diventare sempre più insistente con l’avvicinarsi al traguardo delle mille partite viste dal vivo. Di qui il titolo dell’opera. Vista la difficoltà di raccontare quasi mezzo secolo di calcio, ho deciso di circoscrivere il tema al racconto delle otto finali di Coppa dei Campioni. Da Barcellona 1989 ad Atene 2007, tutte raccontate da una prospettiva privilegiata, avendo avuto la fortuna di essere sempre stato presente.
Il ricordo di grandi emozioni
Ho parlato prima di una sorta di viaggio iniziatico perché il racconto si snoda sì tra una finale e l’altra, ma narra anche degli snodi cruciali che sono accaduti nel frattempo nella tua vita, nel calcio e nel mondo ultras… Come hai vissuto tu questi passaggi?
È stata proprio questa la mia ambizione. Partire dall’evento sportivo per raccontare diverse storie, tra cui ovviamente la mia. Esisteva ancora il Muro di Berlino ai tempi della prima finale, mentre non c’era più la Fossa dei Leoni il giorno della rivincita con il Liverpool. Nel libro il tentativo, spero riuscito, di ricostruire in chiave personale le grandi emozioni vissute.
Nelle tue pagine si può notare anche una certa nostalgia per un calcio che evidentemente sta scomparendo. Cosa ne pensi dell’attuale stato del mondo del pallone?
Credo sia fisiologico rimpiangere il passato, ancor più considerando come tutto il vissuto giovanile con il passare del tempo venga mitizzato. Detto questo, credo che nessuno possa negare come il calcio di oggi si stia “americanizzando”, nell’accezione peggiore del termine. Se il mecenatismo è ormai anacronistico, non posso però accettare la trasformazione del tifoso in un mero cliente. Stendiamo un velo pietoso su quanto stia succedendo al Milan con la proprietà di Red Bird.
Road to 1000: ultras e calcio moderno
Raccontaci anche della tua passione per il mondo delle curve. Come è nata?
La mia prima partita è stata Milan-Lazio nel maggio del 1981. Di quella giornata ricordo soprattutto due cose: il campo verde e il tifo della Curva Sud. Tamburi, bandiere, un florilegio di cori. Amore a prima vista. È nata così la mia passione per la vita di curva, riassumibile in un coro che mi è subito entrato dentro: “Quando al ciel si alzeran le bandiere e i tamburi torneranno a rullar, dalla Sud un solo grido si alzerà, forza Milan vinci ancora per noi ultrà”. Fideistico sostegno e amore incondizionato per la maglia, anche in Serie B. Certo, vivere otto finali di Coppa dei Campioni, partendo dal campionato cadetto, è stata una grande fortuna. Non posso negarlo.
Tu hai instillato a tua figlia la tua stessa passione, ma pensi che i giovani in generale siano meno interessati a tutto ciò che gira intorno al pallone di questi tempi?
È cambiato tutto. Andare allo stadio prima era qualcosa di sacrale, oggi, spesso, sembra di assistere a uno spettacolo circense. Calcio che sta diventando sempre più entertainment e come tale alternativo a qualsiasi altra forma di svago. Naturale, quindi, che susciti minori interessi nei giovani.
Progetti editoriali futuri?
Occupandomi di altro nella vita, non è sempre facile trovare il tempo. Scrivere questo libro mi ha dato però davvero molta gratificazione, anche per gli apprezzamenti ricevuti. Dalla dimensione europea mi piacerebbe, quindi, passare all’Italia, raccontando la mia “stella”. Dieci scudetti visti, vissuti e goduti. 1979-2022: un’altra storia tutta da raccontare.
“Quando il gioco finisce, resta l’amicizia”
Dicci come poter acquistare il tuo libro.
Al momento provvedo personalmente alle spedizioni. Chiunque fosse interessato può dunque contattarmi su Instagram o Facebook. Visto il successo ottenuto, per certi versi imprevisto, sto ora pensando di affidarmi anche piattaforme on line come Amazon.
Spazio finale per saluti e dire tutto ciò che vuoi.
Ringrazio per avere avuto l’opportunità di parlare del mio libro. Saluto tutti e, caro Johnny, senza piaggeria voglio concludere dicendo che tu sei una delle tante “belle” persone incontrate lungo questo percorso di vita ultrà; perché come recita un iconico motto della Fossa dei Leoni: “dal gioco nasce l’amicizia e, quando il gioco finisce, resta l’amicizia”.
Roberto Johnny Bresso