Roma, 6 gennaio – Ancora una tegola per la Curva Nord della Lazio: il giudice sportivo della Serie A ha disposto la chiusura per un turno della curva a seguito dei cori razzisti nei confronti dei calciatori del Lecce, Banda e Umtiti. Il settore degli ultrà biancocelesti, domenica 8 gennaio alle 15 contro l’Empoli, resterà dunque chiuso.
Lazio senza tifosi
Ancora una volta il tribunale dell’inquisizione colpisce negli stadi della Serie A, nel mirino la tifoseria preferita dall’antirazzismo militante: quella laziale. “Letto il referto arbitrale e la relazione dei collaboratori della Procura federale nella quale si riferisce che durante l’intera gara i sostenitori della società Lazio, assiepati nel settore ‘ospiti distinti sud-est’, si rendevano responsabili nella quasi totalità (circa 1.000 dei 1.072 occupanti), di ripetuti cori espressione di discriminazione razziale nei confronti dei calciatori del Lecce Banda ed Umtiti; considerato che i cori venivano percepiti da tutti e tre i collaboratori della Procura, opportunamente posizionati anche in parti dell’impianto distanti dal Settore sopradetto; considerato che in base alla suddetta relazione tali comportamenti sono attribuibili alla tifoseria della società Lazio che nelle gare casalinghe occupa il settore denominato “Curva Nord” dello Stadio Olimpico di Roma; ritenuto che, in ragione della gravità, della dimensione e della percezione reale del fenomeno, tale anche da costringere il direttore di gara ad interrompere il giuoco per permettere l’effettuazione, da parte dello speaker, del messaggio previsto in caso di cori di discriminazione razziale, i predetti comportamenti assumono rilevanza disciplinare a norma dell’art. 28, n. 4″ – si legge nel lungo comunicato ufficiale della Lega Serie A – “delibera di sanzionare la Lazio con l’obbligo di disputare una gara con il settore indicato dai collaboratori della Procura federale nella propria relazione, sulla base delle informazioni acquisite dal dirigente responsabile dell’ordine pubblico, privo di spettatori”. Insomma, la solita supercazzola che scambia cori goliardici per atti di discriminazione, come se i tifosi fossero responsabili di qualche apartheid in campo.
La risposta della società
La Società Sportiva Lazio prende le distanze, ma non basta. Infatti, ancora prima del comunicato ufficiale della Lega la società mette le mani avanti attraverso il suo canale ufficiale Twitter: “Sempre contro ogni forma di razzismo e discriminazione”. Come sempre, la genuflessione delle società rispetto a queste decisioni arbitrarie è quasi peggiore delle sentenze: “La S.S. Lazio ha sempre contrastato con tutti i mezzi a disposizione ogni forma di razzismo e discriminazione, mettendo in campo iniziative volte a reprimere tali fenomeni, sensibilizzando i propri tifosi su questo tema e agendo nelle sedi preposte a tutela della propria immagine. La S.S. Lazio – si prosegue – anche oggi condanna chi si è reso protagonista di questo gesto deprecabile, vergognoso e anacronistico e offrirà come sempre la massima collaborazione alle autorità per individuare i responsabili. I tifosi della Lazio non sono razzisti e non possono essere associati a pochi individui che ledono gravemente l’immagine del club”. Quando il calcio si trasforma in un campo di rieducazione? Esattamente così, accettando i diktat che provengono da istituzioni tutt’altro che cristalline.
La beffa di Infantino
Infatti, sul suo profilo Instagram il presidente stesso della FIFA, Gianni Infantino, ha pubblicato una foto del giocatore Umtiti lanciandosi nel classico “Non au racisme”. Ecco chi ci fa la morale e vorrebbe vedere gli stadi vuoti e i tifosi rieducati: quelli con le valigie piene di soldi, quelli dei selfie col morto, quelli che hanno organizzato un campionato mondiale in barba ai diritti dei lavoratori, delle donne e delle minoranze che loro stessi vogliono difendere. Il problema però è delle società: iniziare con il non scusarsi sarebbe rivoluzionario.
Sergio Filacchioni
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