Roma, 3 giu – “Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”. Nella sua canzone datata 1980 sulla leva calcistica del ‘68 Francesco De Gregori continua spiegando al bambino protagonista del brano che un calciatore lo si dovrebbe piuttosto valutare secondo altre caratteristiche. Tra di queste il coraggio, forza d’animo imprescindibile per chi si assume l’onere (e l’onore) di presentarsi dagli undici metri. Magari proprio nei frangenti decisivi di un mondiale o di un europeo. Ossia quando si ha sulle spalle il peso calcistico di un’intera nazione. Rigori e maglia azzurra, impossibile non pensare a Luigi, per tutti Gigi, Di Biagio.
L’uomo di Zeman
Gigi nasce a Roma il 3 giugno 1971 e chissà quante volte da ragazzo, sognando di diventare calciatore, avrà ascoltato le parole del cantautore capitolino. Formatosi nelle giovanili della Lazio legherà però gli anni migliori della sua carriera ai colori di Roma e Inter, compagini in cui milita tra il 1995 e il 2003. L’uomo che plasmerà questo giovane mediano – non così dotato tecnicamente né particolarmente prestante a livello fisico – fino a farlo diventare uno dei migliori centrocampisti italiani della sua generazione risponde al nome di Zdenek Zeman. Il tecnico boemo lo vuole nel suo Foggia – allora militante in Serie A – dopo averlo visto all’opera in C1 con la maglia del Monza. Nel triennio rossonero Di Biagio gioca con continuità, mettendo a segno qualcosa come quindici reti tra campionato e coppa Italia: insieme al temperamento, conclusioni dalla distanza e tempismo negli inserimenti entrano ufficialmente a far parte del bagaglio tecnico.
I satanelli retrocedono, ma per Gigi è l’ora del grande salto. Lo acquista la Roma: nella sua miglior stagione a livello realizzativo (1997/98), ancora con il boemo in panchina, arriva anche la chiamata della nazionale. Quattro stagioni in giallorosso, altrettante con la casacca dell’Inter. Sempre pronto a mordere le caviglie degli avversari, qui sfiora lo scudetto – uno dei pochi a salvarsi nel naufragio del 5 maggio – e la finale di Champions League. Piccola curiosità: al termine della carriera Di Biagio avrà collezionato esattamente cento cartellini gialli (e dodici espulsioni).
Gigi Di Biagio e la traversa di Francia ‘98
L’uomo di Zeman assapora la maglia azzurra nel gennaio 1998. Giusto in tempo per scalare le gerarchie (in uno dei periodi più fertili del pallone italiano) e farsi convocare per il mondiale francese. Partito come riserva, alla seconda gara del torneo è già nella formazione titolare: per gli amanti delle statistiche, al Camerun segna oltretutto il centesimo gol italiano nelle competizioni iridate. Avanti così fino al 3 luglio, giorno dei quarti di finale contro i padroni di casa. La partita è spigolosa, i galletti non sfondano. Anzi è Roberto Baggio nei supplementari a sfiorare un vantaggio che sarebbe stato di pregevolissima fattura. Arrivano inesorabili i calci di rigore, già fatali quattro anni prima negli U.S.A. nonché durante le notti magiche del 1990. Il nostro numero quattordici dovrebbe tirare per terzo, invece va sul dischetto per il quinto e ultimo tiro. I transalpini sono avanti e la botta di Gigi – esecuzione quasi perfetta, se non fosse questione di pochi centimetri – si stampa sulla traversa. Di Biagio si lascia cadere, mani sul volto.
Euro 2000: altro giro, altro rigore
Con la stessa tenacia con cui affronterebbe il contrasto più duro, il mediano si rialza, continuando a macinare gol (con Roma e Inter) e botte. Sì, perché la seconda e ultima rete con la maglia della nazionale la sigla solamente nel primo Europeo del nuovo millennio, durante la gara contro la Svezia. Si gioca tra Belgio e Paesi Bassi e questa volta ci ritroviamo davanti ai padroni di casa in semifinale. Un caldo pomeriggio di fine giugno, la partita diventerà epica. E’ lo 0-0 di Italia-Olanda, con gli oranje che nonostante l’uomo in più e due massime punizioni a favore sbattono sul muro alzato da Toldo e soci. Si finisce ancora alla lotteria dal dischetto e, come solo i temerari possono fare, Di Biagio si ripresenta dagli undici metri. Con ancora una volta addosso il peso di tutto lo Stivale. Calcia per primo e segnando esulta rabbiosamente: il suo missile, imprendibile, riscatta il legno francese. Giusto così, e poco male se la sequenza verrà ricordata più che altro per il cucchiaio di Totti. E’ proprio vero: i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli.
Marco Battistini