Roma, 4 feb – Irène Némirovsky nacque a Kiev in Ucraina, in piena Yiddishland, l’11 febbraio 1903, figlia di un ricco banchiere e finanziere ucraino Lèonid Borisovitch Némirovsky, il cui nome ebraico era Arieh, nato ad Elisabethgrad nel 1868, una città che subì l’infortunio dei pogroms contro gli ebrei dal 1881. Il nome dei Némirovsky è originario della città ucraina di Nemirov, centro importante del movimento cassidico nel XVIII° secolo. La famiglia Némirovsky vi aveva prosperato nel commercio del grano. Léon aveva viaggiato molto prima di far fortuna nella finanza e di divenire uno dei banchieri più ricchi della Russia. Sulla carta da visita era scritto: ‘’Léon Némirovsky, Presidente del consiglio della Banca di Commercio di Veronej, amministratore della Banca dell’Unione di Mosca, membro del consiglio della Banca dell’Unione de Mosca, membro del consiglio della Banca privata di Commercio di Pietrogrado’’. I Némirovsky appartenevano ad un ambiente sociale molto privilegiato, legato al seguito dello Zar, in cui il francese era la prima lingua, che Irène apprese dalla sua governante prima del russo. (Da allora, padroneggiò il polacco, il finlandese, l’inglese, il basco correntemente e comprendeva lo yiddish, l’idioma ebraico askenazita dell’Europa Orientale traslato nei caratteri tedeschi, di cui si trovano tracce in ‘’Les Chiens et les loups’’. Una parlata altomedio tedesca, arricchitasi di locuzioni e frasi gergali e slave, divenuta la lingua della rinascita culturale dopo essere stata quella della comunicazione nel quotidiano degli ebrei spinti dalle persecuzioni nei territori polacchi e diramatisi a nord in Lituania, a est in Bielorussia e Ucraina, a sud in Galizia, Bessarabie, Moldavia. Il fare, il ricominciare da capo, il non dolersi mai troppo fu la piccola filosofia che consentì alla yiddishkeit di sopravvivere, affermandosi, sino al nazismo). La madre di Irène era Fanny (Faiga, dal suo nome ebraico) nata nel 1887. Malgrado l’eccellenza dei suoi precettori, Irène era una bambina infelice e solitaria, i suoi congiunti ebbero poco interesse per il loro focolare. Irène adorava suo padre, sempre preso dai suoi affari o dal gioco al casinò. Pressoché ostacolata dalla madre, citata poi nei suoi libri come ‘’Le Bal’’, ‘’Le Vin de solitude’’, ‘’Jezabel’’, Irène trovò rifugio nella scrittura.
Durante la sua giovinezza, si recò sovente in Francia con i genitori, lasciando l’Ucraina ogni estate per Biarritz, Saint-Jean-de-Luz, Hendaye o la Cote-d’Azur, quando non era la Crimea. Fanny soggiornava allora nei palazzi tanto che Irène era alloggiata con la sua governante in una pensione di famiglia. Nel 1914, la sua famiglia ottenne il permesso di trasferirsi a San Pietroburgo, che diventerà Pietrogrado, abitando un’ampia dimora sulle alture della città, in una via tranquilla delimitata da giardini e di tigli. Nel 1917 morì l’istitutrice francese di Irène, che scrisse i primi testi, ispirati, tra gli altri grandi autori russi di cui andava pazza, della tecnica romanzesca di Ivan Tourguéniev. Nell’ottobre 1918 Léon mise la sua famiglia a riparo in un appartamento moscovita che subaffittò ad un ufficiale della guardia imperiale; ma era là che la Rivoluzione scoppiò con più virulenza. Irène leggeva Platone, Huysmans (‘’À rebours’’), Maupassant e Oscar Wilde (prediligeva ‘’Le Portrait de Dorian Gray’’) nella biblioteca dei Des Esseintes. Nel dicembre la testa di Léon Némirovsky fu messa all’asta dai Soviets, costringendo la famiglia a fuggire in Finlandia, travestiti da contadini. Solo Léon intraprese qualche ritorno clandestino in Russia per proteggere i suoi beni. In seguito fuggirono verso la Svezia: i Némirovsky vissero tre mesi a Stoccolma.
Dopo esser fuggita con la famiglia dalla Russia, prima sotto i fuochi dei pogroms, saccheggi e distruzioni filozariste contro i suoi correligionari, poi in preda alla Rivoluzione e agli ultimi fuochi fra menscevichi e bolscevichi, con l’annientamento degli anarchici di Nestor Makno; nel luglio 1919, dopo una lunga tempesta, un cargo sbarcò la sua famiglia a Rouen in Francia. Si stabilirono a Parigi. Negli anni venti Léon Némirovsky giunse a ricostituire la sua fortuna nel prendere la direzione di una succursale della sua banca della sua banca, facendo condurre alla sua famiglia, da quel momento, un’esistenza fitzgéraldiana, villeggiature lussuose, serate mondane, cene allo champagne, balli, etc.. Biarritz, Nice (dove soggiornavano all’hotel Negresco) e la Cote-d’Azur erano le loro destinazioni predilette ritrovate. Irène apparteneva ad una famiglia della borghesia degli affari, educata classicamente fra istitutrice e lezioni private, non aveva il contatto promiscuo con le scuole pubbliche. Una ‘’russa bianca’’, una vera anticomunista. A 16 anni aveva ripreso i suoi studi, mentre una governante inglese si occupò della sua educazione, superò l’esame di maturità nel 1919, aveva iniziato a scrivere in francese dai 18 anni e, nell’agosto del 1921, inviò i suoi primi ‘’piccoli racconti sbalorditivi’’ al periodico bimensile ‘’Fantasio’’, che li pubblicherà e li pagherà ciascuno sessanta franchi. Sul ‘’Matin’’ apparve un racconto, e Les Oeuvres libres editarono un racconto, una novella e, nel 1923, scrisse la sua prima novella ‘’L’Enfant génial’’, pubblicata solo nel febbraio 1927 (ripubblicata come ‘’Un enfant prodige’’ nel 1992) e nel 1926 un primo romanzo ‘’Le Malentendu’’, redatto durante i suoi diciotto anni. Nel 1924 si laureò con menzione in letteratura all’università de’ La Sorbona a Parigi. Aveva iniziato a scrivere nel 1921. Allevata dalla sua governante francese, trascurata dalla madre, che pensava a toilettes ed amanti, fece del francese la sua lingua madre. Nel 1925 iniziò la composizione di David Golder, a Biarritz. Ella incontrava Michel Epstein-Mikhail, dal suo nome russo, ‘’un piccolo bruno di carnagione molto oscura’’, ingegnere in fisica ed elettricità diplomato a San Pietroburgo, russo emigrato ma brillante rappresentante autorizzato alla Banque du Nord (rue Gaillon), brillante uomo d’affari come il padre della romanziera. Il 2 gennaio Irène scrisse ad un’amica: ‘’Io ho passato una settimana folle completamente: ballo su ballo, e sono ancora un poco brilla e rientro con difficoltà nel percorso del dovere’’.
Nel 1926, nel municipio del XVI arrondissement prima e poi alla sinagoga di Rue de Montevideo aveva sposato l’ebreo Mikhail Epstein, da cui ebbe due figlie: Denise il 9 novembre 1929 nata a Parigi e Elisabeth il 20 marzo 1937. Il contratto matrimoniale stipulato gli permise di ottenere i diritti d’autore fin dalla pubblicazione delle sue opere. La famiglia si stabilì a Parigi, in un quartiere chic, nel XVI arrondissement, un appartamento in 10, rue Constant-Coquelin sulla Rive droite, quasi affacciato sugli Champs Eisées. Stranieri, domandarono invano la nazionalità francese, che speravano che la Francia difendesse ‘’Ebrei ed apatridi’’. Nel 1926 pubblicò ‘’Il maestro delle anime’’, ‘’Il calore del sangue’’, ‘’La palla’’ che è una variazione sul tema con riferimenti autobiografici al disinteressamento della madre verso di lei. Ha scritto una decina di romanzi e una quarantina di racconti.
Nel 1929, dopo aver inviato anonimamente il manoscritto all’editore Bernard Grasset, pubblicò ‘’David Golder. La morte del vecchio leone’’, che la proiettò nei salotti e nei circoli letterari, ove incontrò Paul Morand, che pubblicò presso Gallimard quattro delle sue novelle con il titolo ‘’Films parlés’’. Apprezzata da scrittori diversi come l’ebreo Joseph Kessel, l’antisemita Robert Brasillach, aveva venduto 60 mila copie nel 1929. Nel 1930 furono realizzati dal suo romanzi adattamenti per il teatro ed il cinema (nella trasposizione teatrale per la regia di Noziére ed in quella cinematografica, che andò alla Mostra del Cinema di Venezia del 1932, da parte di Julien Duvivier, David Golder era interpretato da Harry Baur). Già nel romanzo breve ‘’Le Bal’’ (Il ballo) avevamo incontrato un personaggio simile a David Golder. Il passaggio difficile di un’adolescente all’età adulta. L’adattamento al cinema di Julien Duvivier rivelerà Danielle Darrieux. Némirovsky divenne una ninfa della letteratura, amica di Tristan Bernard e di Henri de Régnier. Un neo-ricco, un uomo che si è fatto da sé. E dietro di lui una famiglia vampiresca, assetata di soldi, smaniosa di vivere in un mondo luccicante, in mezzo a gente che spesso ha uno splendido nome ma è senza soldi e vive alle spalle degli allocchi che si beano nella loro luce riflessa. ‘’David Golder’’ è un romanzo più articolato de ‘’Il ballo’’, e l’attenzione è focalizzata sul protagonista stesso, piuttosto che sulla moglie o sulla figlia. La trama è lineare, la storia è quella di una morte annunciata, perché David Golder ha un primo infarto all’inizio del libro. Resta a vedere chi la spunterà nella duplice lotta dell’anziano leone, contro il mondo degli affari dove la sua fortuna è altalenante e molto spesso vicina all’abisso, e contro la sua famiglia. David Golder (un nome che tintinna di denaro) ha una moglie, Gloria (ma quando era una povera ragazza ebrea che si chiamava Havké), e una figlia diciottenne, Joyce, che lui chiama ‘’Joy’’, la gioia della sua vita. Finchè la moglie gli dice – e Golder va indietro al passato e le crede immediatamente – che la sua Joy è figlia di un altro. Sono gli splendidi anni ’20, in America c’è il proibizionismo ma in Francia l’alcol scorre, la villa a Biarritz dei Golder è piena di gente, Gloria e Joy sfoggiano abiti di seta, gioielli, Joy vuole una Bugatti, vuole sposare un nipote dello zar: lei ci metterà i soldi, lui il suo titolo oltre alla sua scostumatezza, ma è giovane e bello. E il medico non può dire che David Golder deve smettere di lavorare se ci tiene alla sua vita, i soldi comprano anche un verdetto diverso dal dottore. Il quadro che Irène Némirovsky ci dipinge è accurato, con i riflettori sulle donne false e vacue, l’una maturamente cattiva, l’altra giovanilmente egoista e civetta, mentre David Golder è un personaggio tanto più affascinante nella sua cupezza, che la scrittrice scandaglia in ogni sua piega. È la parabola dell’ebreo errante che è circondato da amici finchè ha qualcosa da dare e poi si ritrova solo, dell’uomo di cui la moglie spietatamente osserva, accentuandola come in una caricatura grottesca, la fisionomia da usuraio ebreo e che è capace di ultimi grandi attimi di generosità con quel viaggio che si carica di simboli, riportandolo nei luoghi dove è iniziata la sua vita. E dove terminerà, su un mare che è come i flutti dell’Acheronte, accanto ad un giovane che sta per iniziare una ripetizione della sua avventura e che sogna la ricchezza e l’America. ‘’Alla fine si crepa’’, lo avverte Golder, ‘’soli come cani, così come si è vissuti…’’. Non sono grande letteratura, i romanzi della Némirovsky. Hanno le caratteristiche dei feuilleton bellissimi.
David Golder è un uomo d’affari ebreo d’origini russe, residente in Francia, ricchissimo e potente, spietato e senza scrupoli tanto da causare il suicidio del suo socio Marcus, con cui il sodalizio durava da ventisei anni. Il suo stesso cognome sembra essere un omen: Golder-gold-oro. Durante la sua vita ha pensato solo al denaro e agli affari ‘’divinità terribile’’ e ha dovuto ricominciare più volte. David Golder ha una moglie, Gloria, e una figlia Joyce: donne frivole e avide, interessate ad usarlo per rifornirsi di soldi, ossessione di tutti i personaggi. Il vile, sporco denaro è il vero leit-motiv del romanzo, ogni movimento ruota attorno a questo polo fisso: come procurarselo, come conservarlo, investirlo, come perderlo e recuperarlo, a chi lasciarlo dal momento che non è possibile portarselo in tomba. Ha qualcosa di torbido e affascinante la facilità e la rapidità con cui i patrimoni si perdono e si riconquistano in questo libro. Forte è l’insistenza sul tema della ricchezza e il sottile disprezzo che l’Autrice lascia trasparire per una società inchiodata a un vuoto morale, a un’assenza di valori, a un materialismo che tritura sentimenti e affetti in una lotta senza esclusione di colpi. Némirovsky affermò di aver voluto riferirsi nel romanzo, non agli ebrei francesi stabilitisi nel paese da generazioni, quanto agli ebrei cosmopoliti nei quali la passione per il denaro sovrasta ogni altro sentimento. Rimane il fatto che depositari della ricchezza e protagonisti sono proprio gli uomini d’affari ebrei, Golder per primo, ritratto nella sua vecchiaia ‘’Era un uomo di più di sessant’anni, enorme, con le membra grasse e flaccide, gli occhi color dell’acqua, vivacissimi e opalescenti; folti capelli bianchi gli incorniciavano il viso devastato, duro, come plasmato da una mano rozza e pesante’’, pagina 15. È cinico, freddo, temuto e odiato nel mondo dell’alta finanza per la sua implacabilità, vive rapporti umani basati sul solo interesse e fino alla morte penserà solo e soltanto agli affari. Il ritratto che ne offre l’Autrice è legato a tipici stereotipi negativi, non privi di diffusi pregiudizi sugli ebrei. Ecco il ritratto di Golder in convalescenza (è gravemente cardiopatico) ‘’Avviluppato in una palandrana grigia, consunta, con una sciarpa di lana attorno al collo e in testa un logoro cappello nero, assomigliava singolarmente a un vecchio rigattiere ebreo di un villaggio ucraino’’ (p.94).
Per i lettori tradizionalisti o reazionari come André Bellesort, ‘’David Gorder’’ si distingueva per soggetti mostruosi di un mondo di furfanti ed adescatrici, per la spudoratezza del linguaggio, indegno di una donna. Inammissibile che si attribuissero qualità virili alle maschiette del genere di Irene Némirovsky che degli uomini avevano solo la grossolanità della decadenza delle lettere, sintomo della società corrotta per la stampa corrotta o provinciale. Il vecchio Antoine Redire nella ‘’Revue Francaise’’ di Brasillach lo stigmatizzò ‘’ripugnante…pericoloso e nefasto’’. Nel 1930 Nèmirovsky pubblicò ‘’La danza’’ che raccontava la difficile transizione di un adolescente all’età adulta, è autobiografico ed è la sua percezione della società. Irene Nèmirovsky divenne la consulente letteraria ed amica di Kessel e Jean Coucteau. Brasillach: ‘’In futuro una parte immensa della letteratura contemporanea apparirà in certo modo segnata dalla impronta russa’’. Su ‘’Action Francaise’’ del 26 febbraio 1933; ed ancora: “Il gusto per la confessione, certi vecchi ricordi evangelici distorti, talvolta una specie di sadismo inconscio, la ferma convinzione che ogni sforzo è inutile e che la persona umana forse nemmeno esiste’’ su ‘’Action Francaise’’ del 26 febbraio 1931 in ‘’Message de Russie’’. Nel 1931 Némirovsky pubblicò ‘’Les Mouches d’automne’’ e nel 1933 ‘’Affaire Courilof’’. Pubblicati grazie all’interessamento di Simon Kra, ex procuratore della banca Rotschild, ebreo, ma che allora, dopo aver fondato nel 1919, dopo 16 anni di commercio librario, dirigeva una casa editrice punto di riferimento per i surrealisti. Irene era, ormai la scrittrice francese che aveva fatto suo un soggetto russo. Brasillach si rammaricava di dover proporre come modello alle scrittrici francesi una giovane‘’di origine russa e israelita’’ che meglio aveva saputo cogliere ‘’i segreti della nostra razza’’. L’assimilazione ebraica in ‘’Le Mouches d’Automne’’ era meno rude.
‘’Un volumetto di grande sobrietà’’ quello di Golder. Robert Brasillach scriveva: ‘’C’è in questo racconto una capacità di emozionare e al tempo stesso una discrezione che oggi sono cosa rara. La signora Némirovsky è riuscita a ‘tradurre’ in francese l’immensa malinconia russa, privandola quasi della sua forza disgregatrice. Resta soltanto questa testimone di un tempo tormentato, questa vecchia serva che incarna innegabili virtù di fedeltà e devozione, e che muore vittima dello sradicamento…Si legga e si conservi questo libro la cui poesia è così commovente e così genuina’’ in ‘’Irene Némirovsky: Les mouches automne’’ del 7 gennaio 1932. Per Brasillach era pronta all’assimiliazione in virtù della sua razza. Il 30 maggio 1934 Brasillach su’’Action Francaise’’ in ‘’Causerie lettéraire’’ segnalava il capolavoro di Irene, pubblicato sul numero del 1° Maggio 1933 della ‘‘La revue de Paris’’, il suo racconto ‘’Un déjeuner en septembre’’, definito dal critico ‘’perfetto come un racconto di Cechov’’. I ritmi ternari, lo stile misurato, l’eleganza delle frasi; risentiva dell’influenza di Chardonne , romanziere della Charente, cui Irene aveva inviato racconti melanconici già il 21 dicembre 1932. il mondo cosmopolita di ‘’David Gorlier’’ era meschino. Il 30 maggio 1934 Brasillach su ‘’Action Francaise’’ stroncò ‘’Le Pion’’, il cui personaggio non era convincente. La tensione che sarebbe dovuta nascere si mutava in grigiore. Avevano già rilevato lo ‘’stesso pericolo nell’ ‘Affaire Courilof’: forse l’autrice di ‘David Gorlier’ non dovrebbero scrivere romanzi. Stiracchia il soggetto di un racconto, un misero aneddoto, e tutto si spezza. La disperazione vera sembra diventare disperazione letteraria. L’abilità della scrittrice non basta da sola a mascherare il vuoto del soggetto e del libro. E viene a mancare qualsiasi evocazione’’. ‘’Chiediamo alla signora Némirovsky, la cui amarezza non ci piace, altre ‘Le Mouches d’Automne’, altre colazioni fera amici ritrovati, altri racconti. Per riuscire in questa difficile arte non basta volerlo’’ su ‘’Action Francaise’’ del 30 maggio 1934. Già il 16 marzo 1934 ‘’Action Francaise’’, tramite il critico brillante e raffinato Robert Brasillach, ancora non ideologizzato ma voltatosi il 6 febbraio verso il Fascismo, scriveva, circa il film serio e cosiddetto francese, a parte i capitoli, ‘’France la doulce’’: ‘’il regista è un ebreo ucraino, gli assistenti ebrei di Francoforte, il protagonista spagnolo, la prima donna inglese’’. Il critico nazionalista J.P.Maxence, ex ‘’Revue Francaise’’ con Brasillach rimase fedele ad Irene fino all’occupazione, colpito da forza evocativa e rigorosa impostazione del ‘’Vin de solitude’’, opera meglio riuscita della ‘’brillante romanziera’’ si era realizzata come scrittrice, ‘’Il sogno diventa realtà’’ sul settimanale letterario antisemita ‘’Gringoire’’ negli articoli scritti della rubrica ‘’Les libres de la semaine’’ del 22 marzo 1935 e del 25 ottobre 1935. Nel giugno 1936 ‘’Action Francaise’’ condusse campagne ammiccanti agli ebrei nazionali e patrioti, esortandoli a sconfessare gli apolidi e gli ‘’israeliti rivoluzionari’’ al potere con il Front Populaire del socialista Lèon Blum e Zay. Christian Rabinovitch era un ebreo definito di estrema destra, xenofobo,come l’avvocato Edmond Bloch, già Croix de Feu e fondatore dell’Union Patriotique des Francais Israelites, flirtò con Xavier Vallat e Jacques Doriot del Partì Populaire Francaise fascista filonazista ed altri filofascisti francesi. Ambiva a far sposare un figlio ad un aristocratico. Il richiamo del sangue suscitava in lui non odio, ma paura. Renè Doumic rifiutò di pubblicare ‘’Fraternitè’’ sulla ‘’Revue des Deux Mondes’’, giudicandolo adolescente. Ironia dolce ma conformista. Brasillach chiedeva nel 1938 di porre fine alla naturalizzazione degli ebrei stranieri. Il 2 maggio il Decreto governativo collegava la ‘’preoccupazione per la sicurezza nazionale’’, al ‘’numero sempre di stranieri residenti in Francia’’. Brasillach cominciava a soffrire di una paranoia antiebraica per il Decreto Legge del ministro guardasigilli Paul Marchandau che puniva la diffamazione razziale a mezzo stampa, interdire il concetto capzioso di razza biologica. Brasillach su ‘‘Je Suis Partout’’ nel 1939 scriveva che occorreva privare di dignità francese ‘’qualsiasi ebreo, mezzo francese, un quarto ebreo’’ perché ‘’l’antisemitismo è una tradizione francese’’ in ‘’Les Juifs en France’’ del 17 febbraio 1939. Frattanto il periodico satirico ‘’Le Crapouillot’’ già nel 1936 aveva pubblicato un numero unico sul semitismo, da lì fino al 1939 l’escalation antisemita era stata esponenziale. D’altra parte il periodico ‘’Au-Jourd’hui’’ per Louis Ferdinand Cèline era troppo poco antisemita. Alla vigilia della dichiarazione di guerra nel ’39 la Nèmirovsky rifiutò un nuovo esilio in Svizzera. Il 1° settembre 1939 si recarono in campagna ad Issy-l’Eveque, in Saone-et-Loire, dalla bambinaia delle due sorelle, Cécile Michaud, nativa del villaggio, affidandole alla madre, M.me Mitaine; i coniugi, poi, rientrarono a Parigi e fecero andata e ritorno fino a che la linea di demarcazione fosse messa in piazza nel giugno 1940. Nèmirovsky aveva pubblicato ‘’Les Cartes’’ e ‘’L’inconnue’’ in cui il protagonista Driant era un personaggio romanziere fuori moda che ricordava l’unione fra i nomi dei letterati collaborazionisti filo hitleriani Pierre Drieu La Rochelle e Chateaubriant, Brasillach l’aveva stroncato il 12 luglio 1941.
Ricordiamo le parole della scrittrice nell’opera a riguardo: ‘’Non compiangetelo: ha solo quel che si merita’’. Il personaggio è vittima di una assidua ammiratrice che lo costringe a sposarla. Fugge dall’Europa disgustato dal mondo attuale e ricorda anche Paul Morand. Il 20 marzo 1937 nacque Élisabeth, seconda e ultima figlia. Nel 1938 Irène e suo marito, che erano ancora stranieri, richiesero invano la nazionalità francese. Ils continuent néanmoins à espérer que la France défendra « Juifs et apatrides ». Il 1° settembre 1939 alla vigilia della dichiarazione di guerra, i Nemirovsky rifiutarono un nuovo esilio (une fuite, en Suisse, ne sia impossible). Scritto tra il 1941 ed il ’42 in modo febbrile, dopo la disfatta bellica della Francia tra il giugno ed il luglio 1940, poco prima dell’arresto e della deportazione della autrice, il romanzo ‘’Suite francese’’, editata nel 2004 in Francia per la prima volta, avrebbe dovuto far parte di una sinfonia in cinque movimenti, come definito il progetto dalla Némirovsky, nel diario che teneva. L’opera è incompleta, doveva essere completata da un altro volume, relativo a come quel conflitto sarebbe finito, era omogeneo e a sé stante nelle due parti che lo componevano, invece i nazisti le impedirono di divenire scrittrice acclamata. Uno boato di rabbia vissuta, malintenzionata. L’opera riflette l’anima duplice della scrittrice divisa tra l’origine russa e l’adorazione per la Francia, sua nuova terra d’elezione. ‘’Suite’’ ha anche elementi autobiografici ma non è la sua storia, espone i suoi sentimenti durante l’occupazione nazista in Francia. Descrive bene i personaggi, con solo tre frasi, la differenza sociale. La sua scrittura diretta e sensibile del tempo, precisa, affascinante.
I tragici fatti che ne seguirono portarono ad Auschwitz la scrittrice che vi morì prima di ultimare il suo romanzo ampio con cui intendeva narrare il destino di una nazione, la Francia, sotto l’occupazione nazista. La Némirovsky riuscì a completare solo i primi due libri: ‘’Temporale di giugno’’ in cui viene raccontata la fuga in massa dei parigini dalla capitale all’arrivo dei Tedeschi e ‘’Dolce’’, cronaca di una passione proibita, bruciante e trattenuta, fra una sposa di guerra (col marito, non amato, al fronte) e un giovane ufficiale tedesco. Un affresco di personaggi, il primo, a mettere luce il più ampio spettro di sentimenti e atteggiamenti vissuti da un’umanità variegata, appartenente a diversi ceti sociali e dalle sensibilità più svariate, accomunata nella narrazione dell’autrice – che ha la caratteristica di un’istantanea o di una ripresa i diretta – dalla drammaticità dell’evento: la guerra che incombe, le case da abbandonare, il lavoro e ogni stabilità da cui prendere commiato: l’incertezza del futuro più immediato, la paura di morire. Con lucidità e nell’assoluta mancanza di un’opinione espressa da parte della scrittrice, i fatti si presentano e vengono descritti con veridicità, forti dei dialoghi che la Némirovsky padroneggia con maestria. Le vicende sono avvincenti, rappresentate – come nelle intenzioni dell’autrice – da un punto di vista quotidiano, affettivo e sincero e coinvolgente, mentre restano sullo sfondo gli eventi storici con le loro motivazioni collettive e politiche. Conosciamo la famiglia borghese dei Péricand, con la signora madre dall’irreprensibile moralità; il famoso scrittore Gabriel Corte che crede, seppure in guerra, di poter vantare i suoi esclusivi privilegi per salvarsi la pelle a danno di vite altrui; i coniugi Michaud, due brave persone che non dimenticheranno i propri valori nonostante le asperità che li attendono; il soldato ferito Jean-Marie e il suo rapporto con le due ragazze della fattoria in cui è stato ospitato in convalescenza. Sono storie di amori che nascono in mezzo alle brutture, di legami che restano saldi o si rafforzano, altri che si sgretolano nell’egoismo, nelle piccole meschinità, fomentate dal cinismo o dal terrore che fa restare a galla spingendo altri negli abissi. Si rivela ben scritta la seconda parte di ‘’Suite francese’’ – ‘’Dolce’’ – che colpisce profondamente quel lettore che si lascia appassionare dai ritratti di personaggi e sentimenti. Lucile è una giovane sposa, vive con la suocera in una casa nobile e triste, dove la luce e l’aria sono bandite per non rovinare gli arredi e suppellettili, dove si respira un’atmosfera greve nella tensione di pensare un marito (e per la suocera, un figlio) al fronte. Una vita che scorre nell’attesa, senza emozioni, senza passatempi. Con l’arrivo dei soldati tedeschi, una quotidianità che va vissuta con dignità, dovendo servire gli invasori, ma rimarcando la propria avversione.
Il 3 ottobre 1940 il Primo statuto degli Ebrei, che assegnava a questi ultimi una condizione sociale e giuridica inferiore. Nel mese, lo Stato francese promulgò una legge permettente l’internamento nei campi di concentramento o l’assegnazione alla residenza dei ‘’cittadini stranieri di razza ebraica’’. Irene, vittima dell’ ‘’arianizzazione’’ dell’ambiente dell’edizione, fu lasciata dal collaborazionista Bernard Grasset, dacchè non potè presto più pubblicare con il suo nome. Michel Epstein fu interdetto dall’esercitare la sua professione in banca. Questo ultimo affidò le figlie alle buone cure di sua madre, Mme Mitaine. Irène e Michel rientrarono a Parigi e fecero andata e ritorno fino’a ciò che la linea di démarcazione fosse messa in piazza nel giugno 1940. A settembre gli Epstein si convertirono al cattolicesimo.
Nel 1941 i coniugi lasciarono Parigi e raggiunsero le loro figlie, Denise et Elisabeth, di 13 e 5 anni, all’Hotel des Voyageurs a Issy-l’Évêque, in Saône-et-Loire, dalla nonna dei due, Cécile Michaud, nativa di questo paese, sotto il medesimo tetto dei soldati ed ufficiali della Wehrmacht, cui Michel serviva da interprete e con cui giocava a biliardo. I coniugi Epstein lamentavano la sorte di questi giovani tedeschi destinati al fronte russo: Michel si preoccupò per un soldato che voleva restituire il suo orologio ad un membro della sua famiglia. Il 2 giugno la Legge sostituì il primo statuto degli Ebrei di ottobre 1940, preludeva agli arresti ed alle deportazioni nei campi di sterminio nazisti. A giugno i Nèmirovsky si fecero censire. Dopo aver soggiornato un anno all’hotel, i Némirovsky trovarono una vasta casa borghese da affittare in un villaggio. Michel scrisse una tavola pitagorica in versi per sua figlia Denise. Irène non dubitava più della conclusione tragica a cui era destinata. Scrisse e lesse molto. Promettendosi di allungare le sue giornate, passeggiando per tutto il giorno, per comporre. Tra il 1941-’42 sempre ad Issy-l’Eveque, Irène, che come suo marito portò la stella di David, redisse ‘’La Vie de Tchekov’’, pubblicato postumo nel ’46, e ‘’Les Feux de l’automne’’, postumo nel ’48, che riapparì in seguito al 1957.
Il 3 giugno fermamente disillusa, Irène redisse il suo testamento all’attenzione della tutrice delle sue due figlie, definendo tutto con precisione: ella enumerava tutti i beni che aveva potuto salvare e che poterono restituire il denaro per pagare l’affitto, riscaldare la casa, acquistare un fornello, assumere un giardiniere che si prendeva cura dell’orto ritenuto uscire dalla terra dei legumi in questo periodo di razionamento; ella diede l’indirizzo dei medici che seguivano le sue figlie, precisava il loro regime alimentare. Senza una parola di rivolta. Arrestata il 13 luglio 1942 dai gendarmi francesi, il 14 furono prese le disposizioni per tentare di salvare Irène: Michel allertò Albin Michel, il conte di Chambrun (genero di Laval) ed Hélène Morand (moglie di Paul, che si sapeva antisemita); il 27 luglio scrisse audacemente all’ambasciatore tedesco Otto Abetz, ambasciatore del Reich, per salvare Irène, gli ricordò la poca simpatia di sua moglie per il regime bolscevico. ‘’So che parlare direttamente con te è molto audace. Ciononostante, provo questo passo perché credo che solo tu puoi salvare mia moglie, ti ho rimesso il mio’’. Ad ottobre Denise, Èlisabeth e Michel furono condotti al Kommandantur. Un ufficiale gli mostrò una foto di sua figlia e fece loro comprendere che li avrebbe fatti fuggire. Quando la domestica non riuscì a coprire sua moglie. Michel, folle di collera giunse a scrivere a Pétain spiegando che sua moglie aveva una salute fragile, e che era pronto a sostituirla in un campo di lavoro, fu arrestato (tale fu la replica di Vichy). Affidò alle sue figlie alcuni documenti di famiglia, delle foto e dei gioielli, e le preziose carte d’Irène – il pesante ‘’guanciale’’ di Denise. Irene, poi, dai nazisti fu deportata nel luglio 1942 ad Auschwitz, dove morì, dopo il 17 agosto 1942, di tifo. Prima di partire, affidò quella valigia elegante, di cuoio, con delle iniziali incise sopra, alle due figlie, Denise, 13 anni, e alla piccola Elisabeth, cinque. Che da allora fuggirono da un nascondiglio all’altro. E vissero poi un vero calvario dopo la guerra, cercando di sopravvivere, materialmente e psicologicamente.
Il 19 ottobre 1942 Michel scrisse ad André Sabatier dalla prigione di Creusot, a matita, ringraziandolo di ciò che faceva per le sue figlie. ‘’Sono ancora a Le Creusot, molto ben curato e in perfetta salute. Non so quando riprenderemo il nostro viaggio e dove andremo. Conto sulla tua amicizia per le mie. Sarà necessario per loro. Sono sicuro che ti prenderai cura di loro. A parte questo, niente da dire se non che mantengo tutto il mio coraggio e ti stringo le mani “.
Dopo esser stato internato a Creusot, poi a Drancy, dove il suo taccuino di fogli indicava che a lui furono confiscati 8.500 franchi, Michel Epstein, che aveva cercato di farla liberare, fu gasato il 6 novembre 1942 ad Auschwitz. Denise ed Elisabeth, ancora piccole, alla fine della guerra, andavano alla stazione ferroviaria, la Gare de l’Est, ad aspettare i convogli dei deportati sopravvissuti all’Olocausto. Nella speranza di vedere scendere Irène e Michel. Inutilmente. Poi si spostarono, come altri familiari di ebrei scomparsi, all’Hotel Lutetia. Denise ed Elisabeth mostravano un cartello con i nomi dei genitori, inutilmente.Nel 1986 la figlia Èlisabeth, divenuta direttrice letteraria sotto il nome di Èlisabeth Gille, fu licenziata dalla direzione della collezione ‘’Présence du futur’’ di Denoel da Françoise Verny per prendere in carico la letteratura straniera da Flammarion. Nel 1991 Èlisabeth prese la direzione editoriale di Julliard. Nel 1992 Les Presses de la Renaissance pubblicarono ‘’Le Mirador’’ (La Torre di guardia) di Elisabeth Epstein Gille, una biografia ‘’rivisitata’’ della madre che non ebbe modo di vedere. Fu in occasione della preparazione di questo libro che Denise ed essa riscoprirono le lettere attestanti la generosità di Albin Michel. La decisione fu presa di affidare l’ultima opera d’Irène Némirovsky all’Institut Mémoire de l’Èdition contemporaine (IMEC) al fine di conservarla. Nel 1996 Èlisabeth raggiunta da un cancro che ella credeva vinto dopo gli anni ’80, morì. Nel 2000 Stock rieditò ‘’Le Mirador’’, come ‘’Dimanche et autres nouvelles’’ (scritti tra il 1934 ed il 1942). La figlia Denise Epstein ha scritto la sua biografia ‘’Survivre et vivre’’ in cui ha ricordi precisi di Irène Némirovsky: ‘’Aspettavo che ritornasse la proprietaria di quella valigia, per tanto tempo non ho letto il manoscritto che vi era custodito’’.. “E per me e mia sorella Elisabeth, una madre tenera”. La valigia sempre con loro. Illusioni “di volerci credere” ricorda oggi Denise, che ha scritto, assieme alla giornalista Clemente Boulouque, la storia della sua vita, ‘’Survivre et vivre’’ per Denoel il 9 ottobre, uno dei libri più attesi di questo ritorno. A lungo lei e Elisabeth, si sono ritrovate a rincorrere figure di donne incontrate per caso nelle strade di Parigi, convinte di aver ritrovato Irène. “Pensavamo che forse era vittima di un’amnesia. Denise l’aveva vista scrivere fitto su quelle pagine, fra il 1940 e il ‘41, quando la famiglia si nascose in un paesino, Issy-l’Eveque. Ma non sapevo se era un romanzo o un vero diario’’. Poi Denise si è ricostruita una vita. Solo alla metà degli anni Ottanta si decise a leggere il manoscritto, parola impropria. ‘’Lo trascrivevo come se fossi uno scriba, per frenare l’emozione’’. Era ‘’Suite francese’’, il romanzo (incompiuto) pubblicato postumo nel 2004 dalla Denoel (e tradotto in Italia da Adelphi), più di un milione e 500mila copie vendute in tutto il mondo. La Némirovsky è riemersa dall’oblio. Denise era rientrata da New York dove avevano inaugurato una mostra dedicata alla scrittrice al Museum of Jewish Heritage. Quell’esposizione finora non ha trovato un luogo disposto ad accoglierla in Francia. Il Museo di arte e storia del giudaismo di Parigi la rifiutò. Al settimanale ‘’L’Express’’ la direttrice Laurence Sigal ha dichiarato che la Némirovsky è una scrittrice sopravvalutata, recuperata dal giudaismo solo per le persecuzioni che ha subito. Una vecchia storia, Irène accusata di antisemitismo. Denise è abituata, ma quelle parole della Sigal le ha trovate oltraggiose. Tutto nasce dalle descrizioni di ebrei avidi e senza scrupoli, contenute in certi libri della Némirovsky. Lei veniva da un mondo di ricchi finanzieri e commercianti, fuggiti a Parigi dopo la rivoluzione bolscevica. ‘’Con quei ritratti mia madre faceva la critica sociale di un ambiente che conosceva molto bene’’, ricorda Denise. Le accuse di antisemitismo erano basate sulla conversione di Irène e delle figlie al cattolicesimo nel 1939 e al fatto che collaborò a riviste di estrema destra sotto pseudonimo dopo le leggi razziali. ‘’Non parlerei di conversione, ma del ‘farsi battezzare cattolici’. Ogni volta che doveva vedere il prete per organizzare la cerimonia, mia madre trovava una scusa per rinviare. I miei genitori credevano ingenuamente con quell’atto di poterci proteggere’’, già questo era un segno. in cui difende la madre dall’accusa di antisemitismo, il ricordo un po’amaro di quando la stessa Denise ‘’per le stesse ragioni di mia madre, per proteggerli. Ma poi mi sono vergognata di aver avuto paura in quel modo’’ fece battezzare i suoi tre figli, cui voleva dare loro un’infanzia felice, non all’ombra della morte. ‘’Con quei ritratti mia madre faceva la critica sociale di un ambiente che conosceva molto bene’’. Animo complesso e contraddittorio tipico anche del popolo cui apparteneva, l’eccezionale romanziera viene definita fisicamente dai suoi biografi francesi ‘’…giovane, sottile, piccola, bruna, tipo spiccatamente ebraico, non bella. Gli occhi neri, velati dalle palpebre pesanti esprimono solo una sorta di dolcezza maliziosa. I capelli tagliati corti, incollati alla testa, un po’ allungata, ne accentuano la piccolezza. Le labbra carnose si aprono in un sorriso franco. I modi sono di un’eleganza impeccabile’’.
Artista dotata di intelligenza ironica, amore materno, che le era mancato, la sua fedeltà al marito, la sua malinconia che dolcemente l’accompagnò lungo il suo ultimo fatale viaggio verso il lager della morte. Nei suoi romanzi aveva stigmatizzato i difetti del suo popolo, guadagnandosi la fama di antisemita. Il tenore autobiografico della sua produzione tautologicamente reinventa artisticamente ogni volta la sua famiglia reale, gli ambienti in cui visse, i suoi gesti, le sue passioni ed i suoi odii. I temi forti della sua scrittura vertono, con penna impietosa, a una critica dura nei confronti di Fanny, la bellissima madre, presa solo dagli aspetti fatui della vita e dalla corsa fra le braccia dei suoi amanti. Il padre è travisato nei panni del personaggio del finanziere spietato David Golder. L’esilio, il peso che gli ebrei danno al denaro, la passione, l’amore, la vendetta, i sentimenti che abitano la sua scrittura ufficiale, nascono dai minuziosi diari ritrovati che la figlia Dénise ha fatto consultare agli studiosi. Paradossi e contraddizioni dell’eccelsa scrittrice, che pur essendosi convertita con la famiglia al cattolicesimo nel settembre 1939, quantunque avesse scritto anche sotto pseudonimo su testate di estrema destra ed approvata, in parte, da Brasillach. Le due sorelle a fine guerra si recavano alla Gare de l’Est, ad aspettare i convogli dei deportati sopravvissuti all’Olocausto, sperando di vedere scendere Irène e Michel. Poi all’Hotel Lutetia, dove mostravano un cartello con i nomi dei genitori, invano. Per anni non osò scrutarvi dentro, volgeva lo sguardo altrove, ora non più.
Antonio Rossiello
Irène Némirovsky, la grande scrittrice vista da "destra"
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1 commento
Grande scrittrice, vicino a una certa ‘destra’ e poi deportata dai nazisti. A proposito, andando al di là dei politcamete coretto e delle classiche retoriche sulla II guerra mondiale c’è da dire che i nazisti erano veramente pessimi.
Chiaramente il nazionalsocialismo è stata un’ideologia complessa e vi sono state varie componenti(quella dei fratelli Strasser ad esempio) diverse da quello che è diventato il regime nazista, che a fronte di successi in economia e nel campo della salute ha avuto grandi insuccessi e tremende colpe nell’ambito della politica interna ed estera, con l’utilizzo massiccio di repressioni e guerre imperialiste.
Tra l’altro, l’elite nazista era sostenuta da quella plutocrazia che diceva a parole di combattere(strumentalizzando certo capitale finanziario ebraico con tutto il popolo ebraico) e per un’identitario reale il nazismo è tutt’altro che vicino idealmente.
Difatti, i nazisti volevano eliminare gli slavi, molti di loro detestavano i meditteranei(il vario razzismo nordicista dell’epoca), volevano eliminar gli ebrei in quanto diversità etnoculturale, erano pappa e ciccia con gli islamisti nemici dell’Europa i cui discendenti vogliono conquistare l’Europa e le nazioni tanto odiate dai nazisti(Polonia,Russia ecc) sono le più nemiche, in modo esagerato spesso però(l’Islam non ha a che vedere con l’islamismo), dello stesso islamismo che minaccia anche l’Europa…
Tra l’altro, vi sono certe affinità tra geopolitica nazista e geopolitica del Partito Democratico USA e della sinistra liberal(e non solo geopolitica, paradossalmente anche visione del mondo LOL) e questo spiega l’ipocrisia proprio del sistema mondialista sinistroide e destroide che strumentalizza le tragedie degli ebrei e i crimini nazisti per attaccare identitarismi e sovanismi, che i nazisti combattevano in quanto tutto sommato e al di là della loro stessa propaganda, erano tutto sommato dei mondialisti